Gli indicatori demografici misurano l’evoluzione e la struttura della popolazione. Le trasformazioni demografiche avvenute in Italia, negli ultimi anni, hanno messo in evidenza fenomeni rilevanti: la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e il tendenziale invecchiamento della popolazione.
In breve
- Nel 2023, la dinamica demografica continua a essere negativa.
- La fecondità continua a diminuire (mediamente, 1,20 figli per donna), in linea con la tendenza decrescente in atto da diversi anni. L’età media al parto aumenta lievemente, attestandosi a 32,5 anni. Nel contesto UE27, la fecondità italiana continua a essere tra le più basse e l’età media al parto tra le più alte.
- La speranza di vita alla nascita nel 2024 è di 81,4 anni per gli uomini e di 85,5 per le donne.
- Nel 2023, sono stati celebrati 184.207 matrimoni; si registra, dunque, un calo pari al 2,6 per cento, rispetto al 2022. Il calo riguarda anche i matrimoni religiosi (-8,2 per cento) e i primi matrimoni (-4,3 per cento).
- Nel 2023, rispetto all’anno precedente, prosegue il calo delle separazioni (-8,4 per cento,). Anche il numero dei divorzi diminuisce, ma in modo meno consistente (-3,3 per cento).
- Non si arresta l’incremento dell’indice di vecchiaia, raggiungendo quota 199,8 anziani ogni cento giovani. Nel 2023, fra i paesi dell’Unione Europea, l’Italia è quello con il più alto valore dell’indice.
- Al 1° gennaio 2024, l’indice di dipendenza è pari a 57,6. A livello europeo, nel 2023, l’indicatore supera di molto il valore della UE27, pari a 56,7.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Al 1° gennaio 2024, in Italia, la popolazione residente ammonta a 58.971.230 individui.
Il lieve calo della popolazione è frutto di una dinamica naturale sfavorevole, caratterizzata da un eccesso dei decessi sulle nascite, in larga parte compensata dai movimenti migratori con l’estero di segno positivo. Il decremento della popolazione residente (-0,4 per mille, rispetto all’anno precedente) è dovuto in larga misura alla dinamica naturale. Segnali positivi si registrano per la dinamica migratoria (in aumento, rispetto al 2022).
Tasso di crescita naturale (per 1.000 abitanti)
Nel 2023, in Italia, si registra una diminuzione della fecondità e un lieve aumento dell’età media al parto. Le donne residenti hanno in media 1,20 figli nel 2023 (1,24, nel 2022). Il calo è in linea con il trend decrescente in atto dal 2010, anno in cui, per il tasso di fecondità totale, si è registrato il massimo relativo di 1,44 figli in media, per donna. Nel 2023, l’età media al parto è pari a 32,5 (32,4, nel 2022), confermando la tendenza a rinviare l’esperienza riproduttiva verso un’età sempre più avanzata.
Nel 2024, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente italiana è di 81,4 anni per i maschi e di 85,5 per le femmine. Un guadagno di circa cinque mesi per maschi e femmine rispetto al 2023. L’indicatore, per entrambi i generi, dopo il decremento nel 2020, fa segnare un aumento continuo dei livelli, a partire dal 2021.
I matrimoni celebrati nel 2023 sono 184.207. Dopo la ripresa che ha caratterizzato il 2022, il numero delle celebrazioni diminuisce di nuovo; rispetto all’anno precedente, il calo è pari al 2,6 per cento. I primi matrimoni sono 139.887, in calo del 4,3 per cento, rispetto ai 146.222 celebrati nel 2022. Il quoziente di nuzialità, pari a 3,1 per mille, torna al valore registrato nel 2021, dopo l’aumento registrato nel 2022 (3,2 per mille).
Nel 2023, in Italia, le separazioni sono complessivamente 82.392 (-8,4 per cento, rispetto all’anno precedente). Nello stesso anno, i divorzi sono 79.875, in diminuzione rispetto al 2022 (-3,3 per cento) e il 19,4 per cento in meno nel confronto con il 2016, anno di massimo relativo (99.071 divorzi), legato all'entrata in vigore della legge sul “divorzio breve”, nel 2015.
Nel 2023, non si arresta l’incremento dell’indice di vecchiaia, che al 1° gennaio 2024, con un aumento di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2023, raggiunge quota 199,8 anziani ogni cento giovani.
Dal 2004 al 2024, l’indice di dipendenza in Italia è aumentato (+7,6 punti percentuali), a conferma della maggiore presenza di uno squilibrio fra le generazioni. Tra il 2023 e il 2024, si registra una situazione di stabilità o di leggero decremento dell'indice di dipendenza in tutte le ripartizioni, ad eccezione del Mezzogiorno (+0,5 punti percentuali).
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2023, oltre un terzo della popolazione italiana risulta concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania. Il decremento demografico interessa quasi esclusivamente il Mezzogiorno (-0,4 per cento) e, in misura minore, il Centro (-0,1 per cento). In decisa controtendenza, invece, il recupero di popolazione al Nord (+0,2 per cento), dovuto in larga parte a una dinamica migratoria particolarmente favorevole.
Nel complesso, nel 2023, quasi tutte le regioni registrano una crescita naturale negativa. Il tasso di crescita naturale, pari a -4,9 per mille a livello nazionale, varia dal +0,2 per mille della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen al -8,8 per mille della Liguria. Tra gli spostamenti interregionali, uno su tre interessa la tradizionale direttrice dei flussi che dal Mezzogiorno si dirige verso il Centro-nord. L’Emilia-Romagna (+3,2 per mille) e la Provincia autonoma di Trento (+2,5 per mille) evidenziano i tassi migratori interni più elevati; la Basilicata e la Calabria i più bassi (rispettivamente, -6,1 per mille e -5,4 per mille). A fronte di un dato nazionale pari al 4,8 per mille, il Centro-nord si avvantaggia maggiormente dallo scambio di movimenti migratori con l’estero (+5,4 per mille), mentre il Mezzogiorno presenta un guadagno più contenuto (+3,5 per mille).
Nel 2023, il primato dei livelli più elevati di fecondità è del Mezzogiorno e del Nord-est. Entrambe le ripartizioni geografiche registrano un numero medio di figli per donna pari a 1,24, in calo, rispetto all’anno precedente (1,26, nel Mezzogiorno e 1,29 nel Nord-est, nel 2022). Il valore del Nord-ovest è in linea con quello nazionale, sia in termini di livello che di tendenza (1,20, nel 2023, a fronte di 1,24, nel 2022). Il Centro passa da 1,15 a 1,12 figli in media per donna, confermandosi l’area geografica con la fecondità più bassa. A livello regionale, la Sardegna presenta il più basso livello di fecondità (0,91, nel 2023; 0,95, nel 2022), mentre, nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen si registra il valore più alto, 1,57, ma in calo, rispetto all’anno precedente (1,64, nel 2022).
Tasso di fecondità. Anno 2023 (numero medio di figli per donna)
Nel 2024, il valore minimo della speranza di vita si ha in Campania, sia per le donne (83,8 anni) che per gli uomini (79,7 anni). Il Nord presenta valori superiori alla media nazionale, con il Trentino-Alto Adige/Sudtirol in testa con un valore per le donne pari a 86,7 e per gli uomini pari a 82,7.
Nel 2023, rispetto all’anno precedente, il calo del quoziente di nuzialità rispecchia una diminuzione generale su tutto il territorio nazionale; in tutte le ripartizioni, infatti, l’indicatore scende: solo in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Lombardia e Liguria rimane pressoché costante, rispetto al 2022. In tutte le altre regioni il calo è generalizzato. Fatta eccezione per la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (4,1 per mille), le regioni con il quoziente più alto sono ancora una volta quelle del Mezzogiorno, in particolare Sicilia (3,7 per mille), Campania (3,6 per mille) e Calabria (3,5 per mille). I quozienti più bassi, invece, si registrano in Sardegna (2,6 per mille), Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Molise e Marche, tutte caratterizzate da un valore pari al 2,8 per mille.
Nel 2023, il tasso generico di separazione per 10 mila abitanti (14,0 a livello nazionale) raggiunge il picco in Sicilia (17,1), seguita da Campania (16,8) e Calabria (16,1), e il minimo nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (9,3). Il tasso generico di divorzialità per 10 mila abitanti, a fronte di un valore medio nazionale di 13,5, vede in testa alla graduatoria Sardegna (15,8) e Sicilia (15,7) mentre, all’ultimo posto, si colloca la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (9,3).
Al 1° gennaio 2024, il Mezzogiorno registra il valore più basso dell'indice di vecchiaia (186,3 anziani, ogni cento giovani), mentre il livello più elevato si ha al Centro (211,7). Tra le regioni, Liguria (276,6) e Sardegna (266,6) detengono i valori più elevati, mentre la Campania (154,3) e la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (135,7) i valori più bassi. Considerando l’arco temporale degli ultimi venti anni, l’incremento maggiore dell’indice si è avuto in Sardegna e Puglia, mentre Emilia-Romagna e Liguria registrano gli incrementi più contenuti.
Nel 2024, a livello regionale, l’incremento più significativo dell’indice di dipendenza si ha in Basilicata (+0,8) seguita da Sardegna (+0,7) e Calabria (+0,6), mentre le regioni con il maggior decremento sono Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna (-0,2).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Al 1° gennaio 2024, con il 13,2 per cento dei 449 milioni di abitanti dell’Unione europea, l’Italia si conferma tra i primi Paesi per importanza demografica dopo Germania (84 milioni) e Francia (68 milioni).
Nel periodo 2013-2023, l’Italia occupa la ventunesima posizione, rispetto al tasso di variazione medio annuo della popolazione complessiva, collocandosi comunque al di sotto della media UE.
Il tasso di crescita naturale pone l’Italia (-4,9 per mille abitanti) al ventitreesimo posto nella graduatoria decrescente, ben al di sotto della media UE (-2,6). Posizione in graduatoria al diciannovesimo posto per quanto riguarda il tasso migratorio (4,8 per mille abitanti, a fronte di una media UE di 6,3).
Nel contesto UE, l’Italia è uno dei paesi a più bassa e tardiva fecondità. Nel 2022, solo Malta e Spagna, con valori di fecondità uguali, rispettivamente, a 1,08 e 1,16, presentano un livello più basso di quello registrato in Italia nello stesso anno (1,24). Con un’età media al parto pari a 32,4, nel 2022, l’Italia è tra i paesi che presentano il calendario riproduttivo più posticipato in Europa. Livelli superiori si registrano solo in Spagna (32,6) e in Irlanda (33,1).
Nel 2023, la speranza di vita nell’UE è di 84,0 anni per le donne e di 78,7 anni per gli uomini. L’Italia si conferma tra i paesi con i valori più elevati. L’indicatore presenta, per entrambi i generi, valori più bassi nei paesi dell’Est Europa, con un valore minimo per i maschi in Lettonia (70,5 anni) e per le femmine in Bulgaria (79,7 anni); il valore massimo per le donne si ha, invece, in Spagna (86,7 anni) e per gli uomini in Svezia e Lussemburgo (81,7 anni).
A livello internazionale, gli ultimi dati fanno riferimento al 2022; l’Italia, con un valore pari a 3,2 matrimoni per mille abitanti, si colloca all’ultimo posto, con la Slovenia; sono precedute da Portogallo (3,5 per mille), Francia (3,6 per mille) e Spagna (3,7 per mille). All’estremo opposto, con i quozienti di nuzialità più alti, si collocano Ungheria (6,6 per mille), Lettonia (6,3 per mille) e Romania (6,2 per mille).
Nel 2022, tra i paesi UE, l’Italia è agli ultimi posti per numero di divorzi per mille abitanti (1,4). Anche per la Bulgaria il valore è 1,4, seguita da Paesi Bassi (1,3), Romania e Croazia (1,2), Slovenia (1,0), Malta (0,9) e Irlanda (0,7). In cima alla graduatoria vi sono, invece, Lettonia (2,9), Lituania e Cipro (entrambe 2,6), con valori per mille abitanti ben al di sopra della media UE (1,6).
Nel 2023, fra i paesi dell’UE27, l’Italia è il Paese con il più alto indice di vecchiaia (193,1 anziani ogni cento giovani), seguita da Portogallo (184,4) Grecia e Bulgaria (rispettivamente, 171,8 e 165,9). Nella graduatoria decrescente dei paesi europei, si colloca la Germania, con una riduzione dell’indice di oltre due punti percentuali tra il 2022 e il 2023. L'Irlanda, invece, si conferma il paese europeo con il valore più basso (78,5).
In molti paesi europei, tra il 2022 e il 2023, si registra o un valore stabile o un lieve incremento dell’indice di dipendenza: più consistente nei paesi dell’Est Europa, come Polonia (1,0), Slovacchia (1,1), Croazia (+0,5), Slovenia (+0,6) e più contenuto nell’Europa occidentale, come Portogallo, Germania e Austria (+0,4). Malta è l’unico Paese in cui l’indice misura un calo più consistente (-1,2).
Indice di vecchiaia. Anno 2023 (Valori percentuali)