Le statistiche sull’ambiente sono oggetto di una crescente attenzione, soprattutto a seguito delle strategie Europee che appaiono orientate sempre più a integrare la dimensione ambientale, sociale ed economica delle politiche, a rafforzare la legislazione ambientale negli Stati membri e a richiedere maggiori sforzi di protezione dell’ambiente. Gli indicatori proposti rappresentano un utile strumento per delineare lo stato dell’arte e monitorare gli sforzi profusi dalle Amministrazioni pubbliche per tutelare l’ambiente e migliorare la qualità della vita dei cittadini.
In breve
- Nel 2020, in Italia, si rileva una diminuzione dei rifiuti urbani prodotti, ma rimane piuttosto stabile la relativa quota di smaltimento in discarica (20,1%); continua l’incremento della raccolta differenziata, tuttavia non è ancora stato raggiunto il target stabilito dall’Ue.
- Tra il 2019 e il 2020, le stime anticipatorie indicano una forte diminuzione delle emissioni totali di gas serra, che passano dal -2,4% al -9,3%, per effetto del blocco della mobilità e delle attività economiche dovuto alla pandemia da COVID-19.
- Nel 2021, quasi il 35% delle famiglie considera l’inquinamento dell’aria come uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano. Il 18% delle famiglie lamenta la presenza di odori sgradevoli.
- In Italia, nel 2018, per la prima volta negli ultimi vent’anni, i prelievi d’acqua per uso potabile presentano una contrazione (-2,7%, rispetto al 2015) sia a livello di distretto idrografico, sia regionale.
- Tra il 2012 e il 2018, peggiorano le perdite idriche nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile. Passa dal 37,4% al 42,0% il volume di acqua che, sebbene immesso in rete, non raggiunge gli utenti finali.
- Nel 2018, l’87,8% dei residenti è allacciato alla rete fognaria pubblica (circa 53 milioni di abitanti) e circa Il 70% è connessa agli impianti di depurazione (42,3 milioni di abitanti).
- Nel 2020, in Italia il numero totale delle aree adibite alla balneazione è pari a 5.520 siti. Il Mezzogiorno detiene il 60% dei siti complessivi. L’88,6% dei siti italiani rispetta gli standard di qualità più rigorosi.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2020, i rifiuti urbani prodotti ammontano a 30,0 milioni di tonnellate, valore in netto calo (-3,6%) rispetto al 2019, analogamente alla produzione pro capite, pari a 487,0 Kg per abitante (-3,1%). Il consistente calo nella produzione dei rifiuti urbani è dovuto principalmente alla crisi pandemica, piuttosto che alle politiche europee volte alla prevenzione e riduzione dei rifiuti e del relativo impatto ambientale, che mirano al disaccoppiamento della produzione dei rifiuti dal ciclo economico nell’ottica dell’economia circolare e della transizione ecologica prevista dal PNRR.
Rifiuti urbani in Italia - kg per abitante (numeri indice 2004 = 100)
In base alla direttiva 1999/31/CE, finalizzata a salvaguardare l'ambiente e la salute umana, occorre rendere sempre più residuale la frazione di rifiuti conferita in discarica. Inoltre, la nuova direttiva UE 2018/850 sulle discariche (pacchetto economia circolare), recepita dal d.lgs. n. 121/2020, prevede che, entro il 2035, lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non superi il 10%. Nel 2020, in Italia, i rifiuti urbani smaltiti in discarica costituiscono il 20,1% del totale dei rifiuti prodotti; non si rilevano, quindi, miglioramenti rispetto all’anno precedente.
La raccolta differenziata rappresenta il 63,0% dei rifiuti urbani prodotti; la quota è in aumento di 1,8 punti percentuali, rispetto al 2019. Nonostante sia in continua crescita, non si è ancora raggiunto il target del 65% (SDGs), obiettivo che si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012, secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 152/2006.
I dati disponibili del 2020, indicano una diminuzione più che triplicata delle emissioni complessive di gas serra (dal -2,4% al -9,3%), a causa della pandemia da COVID-19 e al conseguente blocco della mobilità e delle attività economiche, confermando le stime anticipatorie. Nel 2019, le emissioni di gas serra diminuiscono del 2,4% (418 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti). L’Italia tra il 1990 e il 2019, le ha ridotte del 19,4%, passando dai 516 milioni di tonnellate di CO2 equivalente ai 418 milioni. Queste riduzioni, nel 2019, sono riconducibili per l'80,5% al settore energetico (-20,9% rispetto al 1990), per l’8,1% ai processi industriali (-16,0% rispetto al 1990), per il 7,1% al settore agricoltura (-17,3% rispetto al 1990). Per il settore dei rifiuti si registra, invece, un aumento delle emissioni di CO2 (+5,1%), anche se le stime indicano una riduzione nei prossimi anni da associare al miglioramento dell’efficienza di captazione del biogas e alla riduzione di materia organica biodegradabile in discarica. In particolare, rispetto al 1990, le emissioni di anidride carbonica, il principale gas a effetto serra (costituisce l’81% delle emissioni), sono diminuite del 23%. Nel 2019, continua il disaccoppiamento tra attività economica e andamento delle emissioni di gas serra, a fronte di un aumento del Pil dello 0,3%; le emissioni dei gas ad effetto serra sono diminuite rispetto all’anno precedente del 2,4%.
L'inquinamento dell'aria continua a rappresentare uno dei principali problemi ambientali soprattutto in ambito urbano. Nel 2021, il 34,8% delle famiglie percepisce come inquinata l'aria della zona dove risiede; quasi un quinto delle famiglie lamenta, invece, la presenza di odori sgradevoli. Rispetto al 2020, scende di 1,4 punti percentuali la quota di famiglie che lamentano l'inquinamento dell'aria, e di 2 punti percentuali la percezione di odori sgradevoli nella zona dove si risiede.
Nel 2018, il volume complessivo di acqua per uso potabile prelevato sul territorio Italiano da 1.714 enti gestori di fonti di approvvigionamenti (erano 1.877 nel 2015) è pari a 9,2 miliardi di metri cubi, per una corrispondente produzione giornaliera di 25 milioni di metri cubi di acqua, pari a 153 metri cubi annui pro capite. Si assiste, per la prima volta negli ultimi vent’anni, ad una contrazione dei prelievi di acqua per uso potabile (-2,7% rispetto al 2015), sia a livello di distretto idrografico, sia regionale.
Nel 2018, sono stati immessi 8,2 miliardi di metri cubi nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile (371 litri per abitante al giorno), a fronte di un volume di 4,7 miliardi di metri cubi (215 litri per abitante al giorno) complessivamente erogato agli utenti finali. Le perdite idriche totali in distribuzione sono pertanto pari al 42,0% del volume immesso in rete (37,4% nel 2012). Nel settore dei servizi idrici per uso civile, i gestori della rete di distribuzione sono 2.088, 218 in meno rispetto al 2015, ma la gestione risulta ancora fortemente frammentata.
Nel 2018, l’87,8% dei residenti è allacciato alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. Sono 40 i Comuni dove il servizio è completamente assente. La depurazione delle acque reflue urbane è garantita da 18.140 impianti in esercizio, che trattano un carico inquinante medio annuo di circa 68 milioni di abitanti equivalenti, per una copertura di circa il 70% della popolazione residente (42,3 milioni di abitanti). Sono 339 i Comuni completamente privi del servizio o parzialmente depurati.
Nel 2020, in Italia, le aree adibite alla balneazione (5.520 siti) hanno subito una lieve riduzione, contrariamente al trend crescente degli anni precedenti. L’88,6% di queste aree è classificato con lo status di “qualità eccellente” poiché rispetta gli standard di qualità più rigorosi. L’1,7% dei siti italiani è ancora classificato tra quelli di qualità scarsa, quindi non in linea con gli standard previsti dalla normativa dell’Ue.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2020, le tre Regioni con la produzione annua di rifiuti urbani pro capite più elevata sono: Emilia-Romagna (639,0 kg pro capite), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (609,2 kg) e Toscana (583,1 kg); di contro, quelle con la produzione pro capite più bassa sono: Calabria (381,4 kg pro capite), Molise (367,0 kg) e Basilicata (343,6 kg). Rispetto al 2019, i rifiuti urbani pro capite diminuiscono in tutte le Regioni, soprattutto in Friuli-Venezia Giulia, Umbria e Marche, in cui si riducono di oltre il 6%. Fa eccezione soltanto la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in cui si rileva un lieve aumento (+0,7%).
In tema di gestione dei rifiuti urbani, le quote regionali di smaltimento in discarica rappresentano un indicatore interessante. Nel 2020, le quote sono minime in Campania, nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen e in Lombardia, con percentuali al di sotto del 4%. Le quote regionali di smaltimento in discarica più elevate si hanno, invece, in Molise (79,3%), in Sicilia (58,9%) e nelle Marche (48,1%). Bisogna però tener presente che i dati sulla gestione regionale dei rifiuti sono influenzati da flussi extra-regionali, poiché i rifiuti prodotti in una Regione possono essere smaltiti anche in altre Regioni.
Nel 2020, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta in quasi tutte le Regioni, tranne che in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Liguria, in cui rimane pressoché stabile, e nella Provincia autonoma di Trento (-1,1 punti percentuali rispetto al 2019) che, però, supera il target del 65% previsto dall’Ue per il 2012. Sono dieci, in tutto, le Regioni che raggiungono il target (erano nove nel 2019): Provincia autonoma di Trento (76,7%), Veneto (76,1%), Sardegna (74,5%), Lombardia (73,3%), Emilia-Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (69,2%), Friuli-Venezia Giulia (68,0%), Umbria (66,2%) e Abruzzo (65,0%). In queste Regioni, risiede complessivamente il 45,2% della popolazione nazionale. Va segnalato che l’aumento più rilevante della percentuale di raccolta differenziata si ha nel Mezzogiorno (+2,9 punti percentuali rispetto al 2019), che riduce quindi il divario, tuttora consistente, rispetto al Nord. In particolare, le Regioni meno virtuose sono la Sicilia (42,3%), nonostante un incremento di 3,7 punti percentuali rispetto al 2019, la Calabria (52,2%) e il Lazio (52,5%). L’incremento più elevato della raccolta differenziata (+7,0 punti percentuali) si registra in Basilicata.
Nel 2019, in Italia le emissioni pro capite di gas serra sono mediamente uguali a 7,0 tonnellate di CO2. Sardegna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sono le Regioni con il più alto valore di emissioni pro capite di gas serra, rispettivamente 12,1 e 10,6 tonnellate di CO2 per abitante, mentre la Campania mostra il valore più basso (3,3 tonnellate). Tra le ripartizioni, sono quelle del Nord ad avere le emissioni più consistenti (Nord-Est 8,1 e Nord-Ovest 7,5 tonnellate di CO2 equivalente per abitante); i valori scendono a 6,7 tonnellate nel Mezzogiorno e a 5,7 tonnellate al Centro, dove il livello più alto è in Umbria (7,8 tonnellate). Le Regioni del Mezzogiorno con emissioni pro capite più ridotte sono Campania (3,3 tonnellate) e Abruzzo (6,0 tonnellate). Rispetto all’anno 1990, quasi tutte le Regioni, mostrano una tendenza alla riduzione, tranne la Basilicata e il Molise dove le emissioni sono quasi raddoppiate (da 5,0 a 10,0 tonnellate di CO2). Le Regioni che rispetto al 1990 presentano le riduzioni pro capite più evidenti sono Liguria (- 65,4%) e Lazio (- 40,2%).
Nel 2021, le famiglie di Lombardia e Campania percepiscono maggiormente la presenza di inquinamento dell’aria nella zona in cui vivono (rispettivamente il 44,6% e il 44,2%); rispetto agli odori sgradevoli, il problema è lamentato soprattutto dalle famiglie che vivono in Campania e nel Lazio (rispettivamente 26,5% e 23,1%).
Nel 2018, per la prima volta negli ultimi vent’anni, i prelievi d’acqua per uso potabile diminuiscono (-2,7% rispetto al 2015). La contrazione è generalizzata a livello regionale, con l’eccezione del Molise, dove si registra un consistente aumento dei prelievi idropotabili (+27,4% rispetto al 2015) anche per far fronte alle esigenze delle Regioni vicine, a seguito della crisi idrica del 2017. La Regione in cui si registra il maggior prelievo di acqua per uso potabile è la Lombardia (15,4% del totale nazionale). Quantitativi consistenti sono captati anche nel Lazio (12,5%) e in Campania (10,1%). I volumi regionali pro capite sono strettamente legati alla disponibilità della risorsa idrica ed hanno un range molto ampio, oscillando tra i 42 metri cubi per abitante della Puglia e i 738 del Molise.
L’erogazione dell’acqua ad uso potabile si presenta eterogenea sul territorio italiano. La variabilità oscilla dai 152 litri per abitante al giorno della Puglia ai 446 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Regione con il valore più alto). Fra le ripartizioni territoriali, il Nord-Ovest registra il volume maggiore (254 litri per abitante al giorno). Più di una Regione su due ha perdite idriche totali in distribuzione, superiori al valore nazionale (42,0%). Le Regioni più virtuose, con perdite inferiori al 30%, sono Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (22,1%), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (26,9%) e Lombardia (29,8%). Tutte le Regioni del Nord, ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia (45,7%), hanno un livello di perdite al di sotto di quello nazionale. Nel Centro e Mezzogiorno, invece, con l’eccezione delle Marche (33,9%), tutte le Regioni presentano perdite superiori al dato medio nazionale, con i valori più alti in Abruzzo (55,6%), Umbria (54,6%) e Lazio (53,1%).
Per le aree adibite alla balneazione, anche nel 2020, la concentrazione si riscontra nel Mezzogiorno che detiene il 60,0% dei siti complessivi. La percentuale più elevata delle acque di balneazione di qualità eccellente si riscontra nelle Province Autonome di Trento e Bolzano/Bozen, e anche in Umbria (con valori uguali a 100,0%), seguono Puglia (98,7%) Sardegna (98,5%), e Toscana (97,3%).
Acque di balneazione con qualità eccellente - Anno 2020 (valori percentuali)
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2020, la stima della produzione media di rifiuti urbani a livello Ue (28 Paesi) non è disponibile. Tuttavia, rispetto al 2019, la raccolta aumenta in circa la metà dei Paesi membri, rimane invariata in Portogallo e diminuisce in nove Paesi membri, compresa l’Italia, mentre non sono ancora disponibili i dati di Bulgaria, Grecia, Cipro, Austria e Regno Unito. Riguardo alla produzione pro capite, su ventitré Paesi membri, l’Italia si colloca al 12° posto nella graduatoria crescente, con 487 kg annui per abitante, a pari merito con la Slovenia.
Nel 2020, i Paesi più virtuosi sono: Svezia, Finlandia, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Danimarca. L’Italia presenta comunque un valore (98 kg per abitante) ben al di sotto della media europea (133 kg), considerando i ventitré Paesi membri di cui si conosce il dato.
Entro il 2020, come previsto dalla direttiva 2008/98/CE, tutti i Paesi membri avrebbero dovuto conseguire il target del 50% per la preparazione al riutilizzo e al riciclaggio dei rifiuti urbani. Nel 2020, sono dieci su ventidue i Paesi membri con tassi superiori alla media. L'Italia ha raggiunto il 53,3% nel 2019, superando il target stabilito per il 2020.
La direttiva UE 2018/851 ha posto nuovi obiettivi da conseguire, fissando nuovi target di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani: 55% entro il 2025, 60% entro il 2030, e 65% entro il 2035.
L’obiettivo del pacchetto per il clima e l’energia al 2020 (secondo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto) prevede il taglio di almeno il 20% delle emissioni dei gas ad effetto serra, rispetto ai livelli del 1990.
Tra il 1990 e il 2019, nei 28 Paesi membri dell’Unione europea, le emissioni di gas serra sono diminuite del 26,2%. In particolare, il 48,2% dei Paesi ha già raggiunto il target, il 22,2% dei Paesi lo ha quasi raggiunto; tra questi, l’Italia, con un livello del 17,6%, mentre la quota restante dei Paesi (29,6%) dovrà attuare ulteriori politiche di contenimento per raggiungerlo.
Le migliori performance, in termini di riduzione delle emissioni, si registrano nei Paesi dell’Europa dell’Est (Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia e Bulgaria), mentre quelle peggiori riguardano Cipro, Irlanda, Spagna, Portogallo e Austria dove risultano aumentate.
Il Patto per il clima di Glasgow del Novembre 2021, per limitare l’aumento medio della temperatura globale a 1,5° C (limite definito invalicabile dalla comunità europea), richiede, ai 197 Paesi firmatari, una progressiva riduzione delle emissioni di CO2 del 45% entro il 2030, rispetto al 2010. L’Italia, per raggiungere gli obiettivi del summit di Glasgow entro il 2030, dovrebbe passare dagli attuali 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a circa 284 milioni di tonnellate.
Nel 2018, nell’Ue, l’Italia, con 9,2 miliardi di metri cubi, detiene il primato, ormai più che ventennale, del volume di acqua dolce complessivamente prelevato per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei. In termini pro capite, il divario tra i Paesi europei è ampio. L’Italia, con 153 metri cubi annui per abitante, si colloca in seconda posizione, preceduta dalla Grecia che detiene il primato (157 metri cubi), seguite a distanza da: Bulgaria (119) e Croazia (111). Più dei tre quinti dei Paesi ha prelevato tra 45 e 90 metri cubi di acqua dolce pro capite per l'approvvigionamento pubblico. La maggior parte dei Paesi dell’Europa dell’Est si colloca alla base della graduatoria. Malta, invece, si contraddistingue per il volume più basso, solo 30 metri cubi annui a persona.
L’Italia, con 215 litri per abitante al giorno, a fronte dei 166 della media Ue nel 2018, si conferma tra i Paesi con il maggior volume di acqua ad uso potabile effettivamente erogata e si colloca al quarto posto della graduatoria decrescente. Il valore massimo pro capite di acqua potabile erogata è rilevato in Irlanda (377 litri), mentre quello minimo in Estonia (102 litri). La nuova Direttiva Europea 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano richiede a tutti gli Stati membri di adottare, entro il 2023, alcune misure volte a garantire la protezione della salute, migliorando l’accesso universale a tali acque. Tali misure dovrebbero rafforzare la fiducia dei cittadini europei nell’utilizzo dell’acqua del rubinetto, disincentivando, di conseguenza, il consumo di acqua in bottiglia, con ulteriori importanti ricadute ambientali, quali la riduzione dei rifiuti di plastica e delle emissioni di gas serra.
Acqua erogata per uso potabile. Anno 2019 (litri per abitante al giorno)
Nel 2020, l’Ue (escluso il Regno Unito) registra un lieve incremento complessivo delle aree di balneazione (3,4%), rispetto all’anno precedente. Il numero di siti adibiti alla balneazione, rispetto al 2019 (21.337 siti), è lievemente diminuito di 9 aree, mentre si riscontrano alcuni aumenti in diversi Paesi, tra cui Portogallo, Germania e Paesi Bassi (rispettivamente con 16 siti, 13 siti e 12 siti in più).
L’Italia, nonostante le coste siano abbastanza antropizzate, è il Paese dell’Ue con il maggior numero di aree balneabili (5.520 siti), il 25,9% del totale delle acque balneabili della Ue; seguono, nella graduatoria, Francia (3.328 siti), Germania (2.304), Spagna (2.239).
L’Italia si colloca al 10° posto (88,6% dei siti) nella classifica degli Stati membri che hanno valori percentuali superiori alla media europea delle acque di balneazione con qualità eccellente (84,9%). L’Italia detiene il maggior numero di siti con balneabilità eccellente (4.891 siti), il 27% delle aree con tale status dell’intera Ue (18.212 siti complessivi). L’Italia è seguita nella graduatoria da Francia (2.578 siti), Germania (2.072), Spagna (1.981) e Grecia (1.586).