Le statistiche sull’ambiente, per la centralità della materia di cui si occupano, sono oggetto di una crescente attenzione, soprattutto a seguito delle strategie europee, che sottolineano la necessità di integrare la dimensione ambientale con la dimensione sociale ed economica delle politiche e rafforzare la legislazione ambientale negli Stati membri, nell’ottica di maggiori sforzi per la protezione ambientale. Gli indicatori proposti rappresentano un utile strumento per delineare lo stato dell’arte ed effettuare il monitoraggio degli sforzi posti in atto dalle amministrazioni pubbliche per la tutela dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.
In breve
- Nel 2022, in Italia, diminuisce sia la produzione di rifiuti urbani (-1,8%), sia la relativa quota di smaltimento in discarica, attestandosi al 17,8% (-1,2 punti percentuali); continua l’incremento della raccolta differenziata (+1,1), che raggiunge, per la prima volta, il target stabilito dall’Ue nel 2012.
- Nel 2022, le emissioni di gas serra dell’economia italiana (sul territorio italiano e all’estero) generate da famiglie e attività produttive residenti in Italia, sono sostanzialmente stabili, rispetto all’anno precedente (+0,1%), dopo il forte incremento registrato nel 2021, rispetto all’anno della crisi pandemica (+8,7%).
- Nel 2022, anche le emissioni di gas serra generate sul territorio italiano (da unità residenti e non residenti), sono sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente (+0,1%), dopo il forte incremento registrato nel 2021 rispetto all’anno della crisi pandemica (+8,5%).
- Nel 2023, il 39,6% delle famiglie considera l’inquinamento dell’aria come uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano (l’indicatore raggiunge il 66,3% nei Comuni centro dell'area metropolitana). Il 19,5% delle famiglie lamenta la presenza di odori sgradevoli.
- Nel 2020, i gestori delle fonti di approvvigionamento di acqua per uso potabile hanno complessivamente prelevato 9,14 miliardi di metri cubi (-0,5% rispetto al 2020).
- Nel 2022, le perdite idriche totali delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono pari al 42,4% del volume di acqua immessa in rete, in debole crescita, rispetto al 2018 (42,0%) e al 2020 (42,2%). Si stima che l’acqua dispersa in distribuzione soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno.
- Nel 2020 (ultimo dato disponibile), lo 0,1% della popolazione (quasi 65 mila residenti) abita in 15 Comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile, lo 0,7% (386 mila residenti) in 40 Comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di fognatura pubblica, mentre il 2,2% (1,3 milioni) in 296 Comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
- Nel 2022, in Italia l’89,6% delle acque di balneazione è di qualità eccellente e il 97,8% rispetta gli standard minimi previsti dalla Direttiva UE sulla balneazione, anche se permane una minima quota che presenta qualità scarsa (1,5%) o non campionata (0,7%).
- Nel 2022, i rifiuti marini spiaggiati sono pari a 303 rifiuti per ogni cento metri di spiaggia (nel 2021, erano 273 rifiuti/100 m), ancora lontani da quanto richiesto dalle raccomandazioni della Commissione Europea (20 rifiuti/100 m).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2022, in Italia, i rifiuti urbani prodotti ammontano a 29 milioni di tonnellate, in diminuzione (-1,8%), rispetto al 2021, analogamente alla produzione pro capite, pari a 492,2 kg per abitante (-8,2 kg per abitante), tornata ai livelli del 2020. La produzione dei rifiuti, in genere correlata al ciclo economico, nel 2022 subisce, quindi, un'inversione rispetto agli incrementi rilevati sugli indicatori socio-economici, come prodotto interno lordo e spesa per consumi finali. Ciò concorda con gli obiettivi a cui mirano le politiche europee attraverso la prevenzione e la riduzione dei rifiuti e del relativo impatto ambientale, nell’ottica dell’economia circolare e della transizione ecologica prevista dal PNRR.
Rifiuti urbani in Italia - kg per abitante (numeri indice 2004 = 100)
In base alla direttiva 1999/31/Ce, finalizzata a salvaguardare l'ambiente e la salute umana, occorre rendere sempre più residuale la frazione di rifiuti conferita in discarica. Inoltre, la nuova direttiva Ue 2018/850 sulle discariche (“pacchetto economia circolare”), recepita dal D.lgs. n. 121/2020, prevede che, entro il 2035, lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non superi il 10%. Nel 2022, in Italia, i rifiuti urbani smaltiti in discarica costituiscono il 17,8% del totale dei rifiuti prodotti, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,2 punti percentuali). Tuttavia, questo indicatore non viene usato per valutare il raggiungimento del target, in quanto non è calcolato applicando la metodologia basata sui criteri previsti dall’art.5 bis del D.lgs. 36/2003 “regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi”.
La raccolta differenziata rappresenta il 65,2% dei rifiuti urbani prodotti; la quota è in aumento di 1,1 punti percentuali, rispetto al 2021 e raggiunge per la prima volta il target del 65%, obiettivo che si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012, secondo quanto previsto dal D.lgs. n. 152/2006.
Per quanto riguarda le emissioni di gas serra, nel 2022, le emissioni di gas serra dell’economia italiana, generate in Italia e all’estero da famiglie e attività produttive residenti in Italia, restano sostanzialmente stabili (+0,1%), dopo il forte incremento registrato nel 2021, rispetto all’anno della crisi pandemica (+8,7%).
Nel 2021, anche le emissioni atmosferiche acidificanti e di precursori dell’ozono troposferico, causate dalle unità residenti, registrano un incremento sull’anno precedente, pur inferiore a quello dei gas serra (pari, rispettivamente, al 3,8% e 5,6%).
Nel 2022, risultano stabili (+0,1%) anche le emissioni di gas serra generate sul territorio italiano (da unità residenti e non residenti), secondo l’inventario nazionale delle emissioni (United Nations Framework Convention on Climate Change- UNFFCC), la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conosciuta anche come “accordi di Rio”. Nel 2021, le emissioni di gas serra sul territorio sono cresciute considerevolmente rispetto al 2020 (+8,5%), passando da 384.969 migliaia di tonnellate di CO2 equivalente a 417.591, da imputare alla riapertura delle attività economiche e alla ripresa della mobilità post COVID-19. Le emissioni di gas serra generate, nel 2021, sul territorio sono riconducibili: per il 79,7%, al settore energia, settore maggiormente contributivo alle emissioni (+10,9%, rispetto al 2020 e -21,8%, rispetto al 1990). Il 7,6% è da attribuire ad altri processi industriali (+2,6%, rispetto al 2020 e -18,9%, rispetto al 1990), il 7,8% al settore agricoltura (-13,2% rispetto al 1990) e il 4,8% al settore rifiuti (+6,3% rispetto al 1990), da attribuire alla quota di rifiuti che ancora oggi viene smaltito in discarica (29,8%).
Nel secondo periodo post Kyoto (2013-2020), l’Italia ha raggiunto l’obiettivo di riduzione delle emissioni generate sul territorio italiano richiesto dall’Ue (20%, rispetto al 1990 e 13%, rispetto al 2005, per i settori non soggetti all’Emission Trading System - non-ETS, legati principalmente al settore dei trasporti, del civile, dell'agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria). Gli obiettivi provvisori proposti dalla Commissione europea per il 2030, per il settore non-ETS, prevedono per l’Italia una riduzione del 33% delle emissioni, rispetto ai livelli del 2005.
L'inquinamento dell'aria continua a rappresentare uno dei principali problemi ambientali soprattutto in ambito urbano. Nel 2023, il 39,6% delle famiglie percepisce come inquinata l'aria della zona dove risiede, quasi un quinto delle famiglie lamenta invece la presenza di odori sgradevoli. Rispetto al 2022, aumenta di 2,6 punti percentuali la quota di famiglie che lamentano l'inquinamento dell'aria, superando i livelli degli anni pre-pandemici; si mantiene stabile la percezione di odori sgradevoli nella zona dove si risiede.
Nel 2022, in Italia, il volume di acqua prelevata per uso potabile è pari a 9,14 miliardi di metri cubi, con un prelievo giornaliero di 25,0 milioni di metri cubi (424 litri per abitante al giorno), reso possibile da una fitta rete di approvvigionamento composta da circa 37.400 punti di prelievo distribuiti su tutto il territorio nazionale. Rispetto al 2020, il volume di acqua prelevata si è ridotto dello 0,5%, confermando il trend in diminuzione registrato dal 2015 (-3,6%). Da oltre un ventennio, l’Italia è al primo posto nell’Unione europea per la quantità di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile, da corpi idrici superficiali o sotterranei.
Nel 2022, si riducono complessivamente sia il volume di acqua immessa in rete, sia il volume di acqua erogata agli utenti finali, pari rispettivamente a 8,0 miliardi di metri cubi d’acqua (-1,4% rispetto al 2020), corrispondenti a 371 litri per abitante al giorno e 4,6 miliardi di metri cubi di acqua erogata (-1,6%), pari a 214 litri per abitante al giorno. Il volume delle perdite idriche totali, nella fase di distribuzione dell’acqua, corrisponde a 3,4 miliardi di metri cubi, pertanto, nel 2022, il 42,4% dell’acqua immessa in rete non arriva agli utenti finali (42,2%, nel 2020). Si è stimato che l’acqua dispersa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (un numero di utenti pari a circa il 75% della popolazione italiana).
I servizi idrici per uso civile si presentano ancora molto frammentati dal punto di vista gestionale, soprattutto nelle aree del territorio in cui non è stato completato l’affidamento del Servizio idrico integrato: nel 2020 (ultimo dato disponibile), si contavano 2.391 gestori, 161 in meno, rispetto al 2018. Questo calo prosegue ormai da oltre un ventennio e trova conferma anche nelle prime analisi dei dati riferiti al 2022, dai quali si stima una riduzione ulteriore di circa 280 enti.
Nel 2020 (ultimo dato disponibile), lo 0,1% della popolazione (quasi 65 mila residenti) abita in 15 Comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile, lo 0,7% (386 mila residenti) in 40 Comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di fognatura pubblica, mentre il 2,2% (1,3 milioni) in 296 Comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
Nel 2022, in Italia, le aree adibite alla balneazione sono complessivamente costituite da 5.529 siti; di questi, 4.952 (89,6%) sono classificati con qualità delle acque eccellenti, 331 con classe buona (6,0%), 123 sufficiente (2,2%), 82 scarsa (1,5%), mentre risultano 41 siti con campionamenti insufficienti (0,7%). L’Italia è molto vicina all’obiettivo previsto dalla normativa Ue, mirante a garantire che tutti i siti delle acque di balneazione siano conformi alla qualità almeno sufficiente, aumentando, infatti, il numero di quelle in classe buona ed eccellente, 5.406 siti (il 97,8% del totale monitorato). Rispetto al 2021, quasi tutte le Regioni mostrano un incremento della quota dei siti con qualità eccellente (da 87,9% a 89,6%), tranne Emilia-Romagna e Toscana, dove la quota diminuisce.
Nel 2022, i rifiuti marini spiaggiati sono, in media, 303 ogni 100 metri di spiaggia (273, nel 2021), una densità superiore alla soglia stabilita dalla Commissione europea (20 rifiuti/100 metri). Tra il 2015 e il 2022, si osserva una flessione dell’indicatore, passato dai 518 oggetti rinvenuti ogni cento metri di spiaggia ai 303, con una diminuzione più consistente, tra il 2019 e il 2020 (-102 rifiuti/100 metri), legata, da una parte, all’implementazione di misure per la riduzione della plastica, dall’altra, alla diminuzione delle attività, dovuta alla pandemia.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2022, le tre Regioni con la produzione annua di rifiuti urbani pro capite più elevata sono: Emilia-Romagna (632,7 kg per abitante), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (614,6 kg) e Toscana (587,8 kg); di contro, quelle con la produzione pro capite più bassa sono: Calabria (399,4 kg per abitante), Molise (372,6 kg) e Basilicata (355,6 kg). Rispetto al 2021, i rifiuti urbani pro capite diminuiscono in tutte le Regioni e Province autonome, soprattutto a Trento (-33,2 kg per abitante), in Lombardia (-15,6 kg), e nelle Marche (-11,5 kg). Fa eccezione soltanto la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in cui si rileva un aumento di 14,5 kg per abitante.
Per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non recuperabili, nonostante i principi di autosufficienza e di prossimità, previsti dall’art. 182-bis del D.lgs. 152/2006, bisogna tener presente che i dati sulla gestione regionale dei rifiuti sono influenzati da flussi extra-regionali, poiché rifiuti prodotti in una regione possono essere smaltiti anche in altre regioni. Nel 2022, le quote di smaltimento in discarica più elevate si hanno in Molise (77,1%), che però importa da altre regioni il 12,6% dei rifiuti smaltiti in discarica, in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (59,4%) e nelle Marche (50,0%), che importa da altre regioni il 23,9% dei rifiuti smaltiti. Le quote sono minime, invece, nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (1,1%), in Lombardia (3,5%), che esporta fuori regione il 39,5% dei propri rifiuti urbani destinati alla discarica, e in Friuli-Venezia Giulia (5,0%), che importa da altre regioni il 9% dei rifiuti urbani smaltiti. La Campania esporta in altre regioni tutti i rifiuti urbani destinati allo smaltimento in discarica.
Nel 2022, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta nella maggior parte delle Regioni, tranne che in Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Abruzzo e Molise, in cui rimane pressoché stabile. Sono dodici (dieci, nel 2021) le Regioni che raggiungono il target del 65% previsto dall’Ue per il 2012: Provincia autonoma di Trento (80,5%), Veneto (76,2%), Sardegna (75,9%), Emilia-Romagna (74,0%), Lombardia (73,2%), Marche (72,0%), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (68,7%), Umbria (67,9%), Friuli-Venezia Giulia (67,5%), Piemonte (67,0%), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (66,0%), Toscana (65,6%). In queste Regioni, risiede complessivamente il 56,7% della popolazione nazionale. Va segnalato che l’aumento più rilevante della percentuale di raccolta differenziata si ha nel Mezzogiorno (+1,7 punti percentuali, rispetto al 2021), che riduce quindi il divario, tuttora consistente, rispetto al Nord. In particolare, le Regioni meno virtuose sono: Sicilia (51,4%), che registra però l’incremento più elevato, rispetto al 2021 (3,9 punti percentuali), Lazio (54,5%) e Calabria (54,6%).
Mediamente, in Italia, nel 2019 (ultimo anno per il quale sono disponibili dati regionali), le emissioni pro capite di gas serra generate sul territorio Italiano, secondo l’inventario nazionale delle emissioni (Unffcc), sono uguali a 7,0 tonnellate di CO2. Sardegna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sono le Regioni con il più alto valore di emissioni pro capite di gas serra, rispettivamente 12,1 e 10,6 tonnellate di CO2 per abitante, mentre la Campania mostra il valore più basso (3,3 tonnellate). Tra le ripartizioni, sono quelle del Nord ad avere le emissioni più consistenti (rispettivamente, in Nord-Est 8,1 e in Nord-Ovest 7,5 tonnellate di CO2 equivalente per abitante); i valori scendono a 6,7 tonnellate nel Mezzogiorno e a 5,7 tonnellate nel Centro, dove il livello più alto si registra in Umbria (7,8 tonnellate). Le Regioni del Mezzogiorno con emissioni pro capite più ridotte sono Campania (3,3 tonnellate) e Abruzzo (6,0 tonnellate). Rispetto all’anno 1990, quasi tutte le Regioni mostrano una tendenza alla riduzione, tranne Basilicata e Molise, che le vedono crescere di quasi il doppio (da 5,0 a 10,0 tonnellate di CO2). Le Regioni che in questo arco di tempo presentano le riduzioni pro capite più consistenti sono Liguria (-65,4%) e Lazio (-40,2%).
Anche nel 2023, le famiglie di Lombardia e Campania continuano a percepire maggiormente la presenza di inquinamento dell’aria nella zona in cui vivono (rispettivamente, il 54,7% e il 48,7% delle famiglie); rispetto al problema degli odori sgradevoli, a lamentarlo sono soprattutto le famiglie che vivono in Campania e nel Lazio (rispettivamente, il 29,6% e il 26,6% delle famiglie).
Nel 2022, rimane ancora molto elevato il prelievo di acqua potabile, pari a 155 metri cubi per abitante (159, nel 2012). Il Molise e la Basilicata, come dieci anni prima, sono le Regioni in cui si preleva il volume maggiore di acqua per uso potabile pro capite (rispettivamente, 790 e 537 metri cubi per abitante), seguite da Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (377) e Provincia autonoma di Trento (267). All’opposto, Puglia e Emilia-Romagna (rispettivamente, 40 e 109 metri cubi per abitante) si distinguono per il prelevato pro capite più basso. In termini di ripartizioni geografiche, nel Mezzogiorno, si registrano i prelievi pro capite più alti (169 metri cubi per abitante), mentre nel Nord-Est i prelievi pro capite più bassi (135). I volumi pro capite sono strettamente legati alla disponibilità della risorsa: gli scambi idrici interregionali sono presenti soprattutto nel Sud, dove i prelievi di Basilicata e Molise, al netto delle dispersioni in adduzione e di eventuali usi locali all’ingrosso per industria e agricoltura, confluiscono in parte nelle regioni confinanti, per approvvigionare i territori in cui la disponibilità idrica locale è insufficiente.
Nel 2022, l’erogazione dell’acqua per uso potabile si presenta eterogenea sul territorio italiano, dai 156 litri per abitante al giorno della Puglia, ai 419 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Fra le ripartizioni territoriali, nel Nord-Ovest, si registra il volume maggiore (251 litri per abitante al giorno), nelle Isole, invece, quello minore (186 litri per abitante al giorno). Prosegue la lenta contrazione dei consumi di acqua che si osserva ormai da oltre vent’anni. Infatti, il volume d’acqua erogato si riduce rispetto al 2020 dell’1,6%.
In nove Regioni, le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al dato nazionale. Le situazioni più critiche si registrano nelle Regioni del Centro e del Mezzogiorno, con percentuali superiori al 50% in Basilicata (65,5%), Abruzzo (62,5%), Molise (53,9%), Sardegna (52,8%) e Sicilia (51,6%). Di contro, tutte le Regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore o in linea con il dato nazionale. Nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,8%), in Emilia-Romagna (29,7%) e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (29,8%) si registrano le perdite minori.
Nel 2020 (ultimo dato disponibile), in quattordici su ventuno Regioni e Province autonome, si rileva una percentuale di residenti collegati alla rete fognaria pubblica superiore al dato nazionale (88,7%). Nel Nord-Ovest, si ha la maggiore copertura (94,4%), con la Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste che registra il valore regionale più alto (97,7%); le Isole mostrano il valore più basso (81,5%) e la Sicilia, con un servizio esteso al 77,2% dei residenti, fa registrare il valore regionale minimo.
Tra le quindici Regioni bagnate dal mare, nel 2022, la Puglia (99,4%) è quella che rispetta gli standard più rigorosi (qualità eccellente), seguita a breve distanza dalla Sardegna (97,7%), mentre l’Abruzzo è la Regione con la quota più bassa (79,3%), anche se in trend crescente. Basilicata, Molise e Puglia raggiungono l’obiettivo fissato dalla “Direttiva”. Anche Emilia-Romagna e Toscana hanno acque di qualità almeno sufficiente, a meno di una quota minima di acque non classificate; mentre, minime percentuali di acque con qualità scarsa o non classificata sono ancora presenti nelle altre Regioni.
Il territorio litoraneo costiero Italiano è caratterizzato sia da un’elevata concentrazione della popolazione, (in media risultano 354 abitanti per kmq, rispetto ai 158 dei comuni non litoranei), sia dalla pressione turistica esercitata dalle attività sul territorio, con densità cinque volte superiore a quella delle aree non costiere (2.772 presenze per kmq, rispetto a 536), che incidono particolarmente sulla presenza di rifiuti marini. Anche se una serie temporale di sette anni (2015-2022) non è sufficientemente ampia per un’analisi statistica di lungo periodo, si può osservare tuttavia una lenta e progressiva diminuzione del totale dei rifiuti marini totali lungo le spiagge Italiane, passati dai 518 rifiuti/100 metri del 2015 ai 413 del 2019 e ai 303 del 2022. Se si considera l’evoluzione dei rifiuti marini spiaggiati nelle Regioni Italiane, si osserva che, tra il 2015 e il 2022, quasi tutte le Regioni litoranee mostrano una diminuzione dei rifiuti marini spiaggiati, anche associabile all’implementazione di misure volte alla riduzione di plastica in mare, così come richiesto dalla “Direttiva”. Le riduzioni più marcate sono presenti in Emilia-Romagna e Campania, passate, rispettivamente, dai 1138 rifiuti ogni 100 metri, rilevati nel 2015, ai 308 del 2022, e da 1138 ai 308. Al contrario, tra il 2015 e il 2022, in Friuli-Venezia Giulia (da 473 rifiuti/100 m a 890) e nelle Marche (da 655 a 1.019), si sono registrati gli aumenti più consistenti.
Acque di balneazione con qualità eccellente. Anno 2022 (valori percentuali)
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2022, la stima della produzione media dei rifiuti urbani a livello Ue (27 Paesi), pari a 513 kg, diminuisce di 19 kg per abitante rispetto al 2021, riavvicinandosi al livello raggiunto nel 2020. Rispetto al 2021, i rifiuti urbani pro capite diminuiscono in dodici dei Paesi membri, compresa l’Italia, soprattutto in Belgio, Lussemburgo e Germania. Su diciannove Paesi membri, l’Italia si colloca al dodicesimo posto nella graduatoria crescente, con 492 kg per abitante.
Nel 2022, per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, i Paesi più virtuosi sono: Belgio (1 kg per abitante), Svezia (2), Paesi Bassi (7), Danimarca e Germania (8). L’Italia con 88 kg per abitante (-7 kg per abitante, rispetto al 2021) si conferma come nel 2021, ben al di sotto della media europea (118 kg per abitante), considerando i diciannove Paesi membri dei quali si conosce il dato.
Entro il 2020, come previsto dalla direttiva 2008/98/Ce, tutti i Paesi membri avrebbero dovuto conseguire il target del 50% per la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani. Nel 2022, sono sette su diciotto i Paesi membri con tassi di riciclo dei rifiuti urbani superiori alla media Ue (48,6%), al primo posto la Germania con 69,1%. L'Italia ha raggiunto il 51,9%, nel 2021, ultimo dato disponibile. Tuttavia, questo indicatore non è adatto per monitorare la conformità con l'obiettivo previsto dalla direttiva, ma piuttosto è utile per valutare i progressi raggiunti dai Paesi membri, rispetto al goal 11 degli SDGs (rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili).
La direttiva Ue 2018/851 ha posto nuovi obiettivi da conseguire, fissando nuovi target di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani: 55% entro il 2025, 60% entro il 2030, e 65% entro il 2035.
Nel 2022, le emissioni di gas serra generate dalle economie europee (in Europa e nel resto del mondo) sono pari a 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, l’1,4% in meno, rispetto all’anno precedente. Tra i Paesi della Ue che, nel 2022, maggiormente contribuiscono alle emissioni di gas serra, Germania (-1,5%) e Francia (-1,1%) registrano andamenti migliori dell’Italia (+0,1%).
Nel 2021 (ultimo anno disponibile), le emissioni di sostanze acidificanti sono 14,4 milioni di tonnellate di SO2 equivalente (-0,4%). Per Germania (-0,4%), Francia (+1,7%) e Spagna (-0,5%) si osservano variazioni inferiori rispetto a quelle del nostro Paese (+3,8%), collocato al quarto posto tra i Paesi dell’Ue maggiormente responsabili di questo tipo di emissioni.
Nel 2021, le emissioni responsabili del cosiddetto “smog fotochimico” si attestano a 19,8 milioni di tonnellate di potenziale di formazione di ozono troposferico (+2,3%). Anche in questo caso, Germania (+1,0%) e Francia (+5,3%) registrano andamenti migliori dell’Italia (+5,6%).
Tra il 1990 e il 2021, nei Paesi membri dell’Unione europea, le emissioni di gas serra generate sul territorio sono diminuite del 28,7%. Raggiunto l’obiettivo congiunto post Kyoto 2013-2020 (-20% delle emissioni, rispetto al 1990) da parte dei paesi dell’Ue. Nel dettaglio, sedici Paesi su ventisette hanno contributo al raggiungimento del target, tra questi, anche l’Italia, con una riduzione del 19,9%. Le migliori performance si registrano nei Paesi dell’Europa dell’Est (Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia e Bulgaria), con riduzioni superiori al 45%, mentre le peggiori in Irlanda e Cipro, dove si registra un aumento.
Nell’ambito del Green Deal europeo (settembre 2020), la Commissione, ai fini della neutralità emissiva, ha proposto di elevare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 ad almeno il 55%, rispetto ai livelli del 1990, ma, al momento, tale proposta (inclusa nel pacchetto legislativo noto come ‘Fit for 55’) non è stata ancora tradotta in normativa attuativa.
Nel 2022, l’Italia, con 9,14 miliardi di metri cubi, è al primo posto tra i Paesi Ue27 per il volume di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei (escludendo quindi i prelievi da acque marine), confermandosi in questa posizione ormai da oltre un ventennio. In termini pro capite, l’Italia, con 155 metri cubi annui per abitante, si colloca in terza posizione, preceduta da Irlanda (200) e Grecia (159) e seguita da Bulgaria (118) e Croazia (111). La maggior parte dei Paesi dell’Europa dell’Est si colloca alla base della graduatoria, sebbene il minimo si rilevi a Malta, con 27 metri cubi annui a persona.
Nel 2022, l’Italia, con 214 litri per abitante al giorno, si conferma tra i Paesi con il maggior volume di acqua erogata per uso potabile e si colloca al quarto posto della graduatoria decrescente, dopo Irlanda (400 litri, dato fermo al 2011), Grecia (330 litri) e Cipro (276 litri), e poco sopra, l’Austria, con 192 litri (dato fermo al 2010) e la Spagna, con 190 litri; in coda, la Lettonia (55 litri).
Nel 2022, l’Italia si attesta al nono posto tra i Paesi Ue27 per la percentuale di popolazione servita dal servizio pubblico di fognatura (88,7%); al primo posto si posiziona il Lussemburgo, in cui tutta la popolazione risulta collegata al servizio pubblico di fognatura. Fanalino di coda, con percentuali inferiori al 60%, Romania (56,0%) e Croazia (54,6%).
Acqua erogata per uso potabile. Anno 2022 (litri per abitante al giorno)
L’Italia si colloca al decimo posto (89,6% dei siti) nella classifica degli Stati membri che hanno valori percentuali superiori alla media europea delle acque di balneazione con qualità eccellente (85,7%). Il nostro Paese detiene il maggior numero di siti con balneabilità eccellente (4.952 siti), il 26,7% delle aree con tale status dell’intera Ue (18.571 siti complessivi). è seguito, nella graduatoria, da Francia (2.558 siti), Germania (2.068), Spagna (2.000) e Grecia (1.624). La nuova direttiva europea 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano richiede a tutti gli Stati membri di adottare, entro il 2023, alcune misure volte a garantire la protezione della salute, migliorando l’accesso universale a tali acque. Tali misure dovrebbero rafforzare la fiducia dei cittadini europei nell’utilizzo dell’acqua dal rubinetto, disincentivando di conseguenza il consumo di acqua in bottiglia, con ulteriori importanti ricadute ambientali, quali la riduzione dei rifiuti di plastica e delle emissioni di gas serra.