Gli indicatori analizzati consentono di tracciare un quadro generale della struttura produttiva italiana, oltre a mostrare le caratteristiche fondamentali dell’economia nazionale. In particolare, evidenziano la tendenza consolidata a configurare un sistema fortemente incentrato sul lavoro autonomo e su imprese di piccolissime dimensioni, più orientate alle attività manifatturiere (nonostante una tardiva, ma veloce terziarizzazione) e più specializzate in alcuni comparti (“Made in Italy”).
In breve
- Nel 2021, in Italia, rimane stabile il numero complessivo di imprese, ma aumenta la capacità di sopravvivere nei mercati di riferimento.
- Nel 2021, la dimensione media delle imprese italiane, sostanzialmente stabile rispetto al 2020, è di 3,9 addetti, a fronte della media Ue di 5,0.
- L’incidenza dei lavoratori indipendenti nelle imprese (27,1%) è quasi doppia rispetto alla media dell’Ue (15,9%); il fenomeno è più evidente nel Mezzogiorno (33,8%).
- Nel 2021, le imprese italiane producono, in media, 141,7 euro di valore aggiunto per addetto, ogni 100 euro di costo del lavoro unitario; l’Italia è il ventesimo Paese nella graduatoria europea rispetto a questo indicatore.
- Nel 2021, si arresta il trend di crescita delle istituzioni non profit: se ne contano, in media, 61 ogni 10 mila abitanti. Il valore massimo si registra nella Provincia autonoma di Trento (120), il minimo in Campania (39).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2021, la struttura produttiva italiana mostra un continuo aumento del numero di imprese per mille abitanti, salito a quota 76,7. Il numero medio di addetti per impresa, misura di sintesi delle realtà produttive del sistema economico, resta sostanzialmente stabile appena al di sotto dei quattro addetti. Nel settore dei servizi è la micro impresa a dominare il panorama delle attività del sistema economico italiano; si manifesta, infatti, la maggior presenza di organizzazioni più articolate, di dimensioni medio-piccole, e diminuisce l’intensità industriale, ovvero le grandi imprese con un numero elevato di addetti. Nelle imprese italiane, inoltre, persiste un’elevata quota di lavoratori indipendenti che supera il 27,1% del totale dei lavoratori.
Per quanto riguarda la demografia d’impresa, anche per il 2021, come quarto anno consecutivo, cresce il tasso di sopravvivenza delle imprese a cinque anni dalla nascita, arrivando a quota 46,4, il che evidenzia una maggiore resistenza delle imprese italiane sul mercato; un’inversione di tendenza si registra per il turnover lordo che, nel 2021, sale al 14,6% (13,6%, nel 2020), valore caratterizzato dall’aumento del tasso di natalità.
Numero medio di addetti per impresa
Nel 2021, le imprese italiane producono mediamente circa 141,7 euro di valore aggiunto per addetto, per ogni 100 euro di costo del lavoro unitario, con un aumento di competitività di costo pari al 9,6%, rispetto all'anno precedente. Cresciuto di nuovo, dopo la riduzione registrata nel 2020, l’indicatore supera i livelli pre-pandemici (+7,2%, rispetto al 2019).
Nel 2021, si contano 61,1 istituzioni non profit ogni 10 mila abitanti. Il rapporto è cresciuto in modo significativo e costante durante gli ultimi vent’anni (nel 1999, si contavano 39 istituzioni ogni 10 mila abitanti).
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2021, tutte le Regioni italiane continuano ad essere interessate dalla crescita del numero di imprese per mille abitanti: si passa da 74,2 imprese per mille abitanti, nel 2020, a 76,7, nel 2021. È interessante sottolineare che, per la Campania, dopo anni di flessione, si assiste ad un aumento delle attività delle strutture produttive sul territorio. Dal punto di vista della distribuzione regionale, permane la netta distinzione tra le Regioni del Centro-Nord, caratterizzate da un rapporto molto elevato di imprese (82,6 per mille abitanti) e con un numero di addetti per impresa (4,3) superiore alla media nazionale, e quelle del Mezzogiorno, con un numero inferiore di imprese (64,9 per mille abitanti) e di minori dimensioni.
Calabria e Molise sono le Regioni con imprese di dimensione media più contenuta (rispettivamente, 2,5 e 2,6), in termini di addetti rispetto alla media nazionale (3,9 addetti). Per contro, l'analisi territoriale mostra una quota di lavoratori indipendenti nelle imprese, il cui valore massimo si concentra nel Mezzogiorno (33,8% degli addetti), mentre il minimo nel Nord-Ovest (23,4%), in costante diminuzione su tutto il territorio nazionale. La struttura produttiva dell’economia italiana appare altamente diversificata, a livello di ripartizione territoriale: nel Mezzogiorno, prevalgono le micro imprese sia di servizi, sia dell’industria; nel Nord-Ovest e nel Centro, si contano le più grandi imprese di servizi; nel Nord-Est, le micro e piccole imprese dell’industria. Per quanto concerne la demografia di impresa, nel Mezzogiorno, la numerosità delle imprese è più instabile, caratterizzata da valori più alti di natalità e mortalità. In particolare, il tasso di sopravvivenza delle imprese, a cinque anni dalla nascita, continua a crescere per il secondo anno consecutivo, in tutte le Regioni, ad eccezione di Friuli Venezia Giulia, Lazio e Calabria. Il panorama del sistema produttivo italiano è rappresentato da una notevole frammentazione, dovuta anche alla specializzazione nel segmento delle micro imprese operanti nei servizi e che occupano, nel complesso, circa il 30% degli addetti. Occorre specificare che le micro imprese sono più soggette a un elevato tasso di mortalità perché, data la loro dimensione, hanno più difficoltà a ricevere finanziamenti o prestiti da fonti esterne per far fronte a imprevisti di varia natura.
Tassi di natalità e mortalità delle imprese. Anno 2021 (valori percentuali)
Nel 2021, le regioni del Nord-Ovest mostrano, in media, i livelli di competitività di costo più elevati (145,1), mentre i livelli inferiori dell’indicatore si registrano nel Mezzogiorno (136,1), dove ai bassi livelli di competitività si associa il più alto aumento dell’indicatore (+13,5%). Dall’analisi a livello settoriale, si evince che la più bassa competitività per tutte le ripartizioni è nel settore delle costruzioni (126,0); il dato peggiore si rileva nel Centro Italia (122,3), dove si registra però il maggiore aumento (+19,8%). Il differenziale più elevato tra ripartizioni è nel settore dei servizi, tra Nord-Ovest e Mezzogiorno (con valori rispettivamente uguali a 137,2 e 129,6).
Nel 2021, il numero più elevato di istituzioni non profit per 10 mila abitanti si registra al Nord: la Provincia autonoma di Trento, la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen si confermano ai primi tre posti tra le Regioni italiane, con valori per 10 mila abitanti, rispettivamente pari a 120, 110 e 108. Tra le Regioni del Mezzogiorno che presentano valori superiori alla media nazionale, emergono Molise (72), Sardegna (71), Basilicata (68) e Abruzzo (65). La Regione con il valore più basso è la Campania (39 istituzioni non profit per 10.000 abitanti).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2021, nell’Ue, operano 69,3 imprese dell'industria e dei servizi ogni mille abitanti, con una densità altamente variabile tra i 27 Paesi membri. Si fa presente che il 31 gennaio 2020 il Regno Unito si distacca dalla Comunità Europea, riducendo il numero dei Paesi aderenti all’Ue da 28 a 27. Pertanto, i dati a livello europeo non sono pienamente confrontabili con quelli degli anni passati. Nonostante l'economia italiana abbia risentito più fortemente della crisi economica del 2008, l’Italia continua a mantenere costante la crescita per densità di attività produttive, rispetto alla media dei partner europei. Emerge, inoltre, la maggior frammentazione del tessuto produttivo italiano, con una dimensione media d’impresa di gran lunga inferiore al dato europeo: 3,9 addetti per impresa in Italia, rispetto ai 5 della media europea. Tra i 27 Paesi dell’Ue, Germania, Lussemburgo e Danimarca hanno imprese mediamente più grandi e, nel contempo, quote più basse di lavoratori indipendenti, segnale di una prevalenza di forme organizzative di tipo societario. L'Italia presenta una quota altissima di lavoratori indipendenti nelle imprese (27,1%), posizionandosi al secondo posto nella graduatoria europea, dopo la Slovacchia (27,2%), con un valore percentuale di gran lunga superiore alla media dell’Ue (15,9%); in particolare, tra le maggiori economie dell’area, solo la Germania registra quote inferiori al 9%. La struttura produttiva italiana presenta le peculiarità di alcune economie dell'area mediterranea, dove prevalgono tipologie di impresa più legate alle tipicità del territorio, come le micro imprese di servizi, mentre la presenza dell'industria è più forte nell'Est Europa.
Nel 2021, le imprese dell’Ue producono mediamente circa 146,5 euro di valore aggiunto per addetto, per ogni 100 euro di costo del lavoro unitario. In relazione a tale indicatore, l’Italia occupa il ventesimo posto nella graduatoria dei Paesi dell’Unione Europea. Risultano molto competitive l’Irlanda (390,1), la cui produttività apparente è nettamente superiore al costo del lavoro unitario, Malta (192,9), Romania (181,0) e Cipro (176,4), che riescono a sfruttare il vantaggio offerto dal minor costo del lavoro unitario. Una bassa competitività di costo si rileva per le imprese di Svezia (133,4), Portogallo (130,1) e Francia (126,3), dove il divario tra produttività apparente e costo del lavorio unitario è meno ampio.
Competitività di costo delle imprese. Anno 2021 (valori percentuali)