Le grandezze macroeconomiche descrivono la struttura economica di un paese e ne misurano lo stato di salute e le prospettive di crescita. Il Prodotto interno lordo (Pil), l’indicatore più rappresentativo dell’andamento dell’economia, misura il valore complessivo dei beni e servizi finali, prodotti all’interno di un paese. Le risorse a disposizione (Pil e volume delle importazioni) possono essere utilizzate per l’acquisto di beni di consumo, investite o esportate. Consumi, investimenti ed esportazioni sono le tre componenti della domanda aggregata. La somma di spesa per consumi e per investimenti definisce la domanda nazionale.
In breve
- Nel 2022, in Italia, il Pil pro capite, in termini reali, registra una crescita pari al 3,9 per cento, riportandosi, in valore assoluto, al livello più alto dal 2009.
- Nel 2022, il livello del Pil pro capite del Mezzogiorno, in termini reali, è inferiore del 44,5 per cento rispetto a quello del Centro-nord.
- Nel 2023, la quota dei consumi in rapporto al Pil scende al 76 per cento, ma rimane superiore alla media UE (74 per cento). Inoltre, cresce la quota degli investimenti in rapporto al Pil, attestandosi al 22,5 per cento, valore maggiore della media UE (22 per cento).
- Nel 2024, la crescita dei prezzi al consumo è pari a +1,0 per cento, incremento inferiore a quello registrato nel 2023 (+5,7).
- Nel 2023, l’indice dei prezzi delle abitazioni registra una crescita in media d’anno dell’1,3 per cento, stimolata soprattutto dai prezzi delle abitazioni nuove. L’aumento dei prezzi delle abitazioni concerne tutte le ripartizioni geografiche, ma è più significativo al Nord. In Italia, l’indice dei prezzi delle abitazioni è superiore alla media UE (-0,3 per cento).
- Nel 2023, il commercio mondiale di beni registra una diminuzione del 4,6 per cento, rispetto al 2022. Per quanto riguarda l’Italia, il valore in euro delle esportazioni di merci rimane invariato, mentre quello delle merci importate si riduce del 10,4 per cento. Per l’Italia, la quota di mercato sulle esportazioni mondiali di merci mostra una lieve crescita: +2,85 per cento (da +2,64 per cento nel 2022).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2022, l’economia italiana continua a mostrare un trend positivo: il Prodotto interno lordo (Pil) pro capite in termini reali (29.959 euro) è cresciuto del 3,9 per cento, raggiungendo in livello il valore più alto registrato dal 2009.
Pil pro capite (migliaia di euro, valori concatenati Anno di riferimento 2015)
Nel 2022, il valore aggiunto dei settori che producono beni e servizi di mercato registra, in termini di volume, un rilevante incremento, pari al 4,1 per cento. La produttività del lavoro per l’intera economia è diminuita dello 0,7 per cento, per effetto di un aumento dell’input di lavoro (misurato in ore lavorate) più intenso di quello registrato per il valore aggiunto.
Nella media 2024, la crescita dei prezzi al consumo è pari all’1,0 per cento, un incremento inferiore a quello registrato nel 2023 (+5,7). La netta attenuazione dell’inflazione è per lo più imputabile ad una significativa discesa dei prezzi dei beni energetici (-10,1 per cento, nel 2024; +1,2 per cento, nel 2023). Inoltre, i prezzi dei prodotti alimentari, sebbene la loro crescita sia maggiore del tasso di inflazione generale, sono diminuiti sensibilmente (+2,2 per cento, nel 2024; +9,8 per cento, nel 2023). Una dinamica analoga si osserva per la componente di fondo dell’inflazione, che registra in media d’anno una variazione tendenziale pari al +2,0 per cento (+5,1 per cento, nel 2023), così come per quella al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi (+2,0 per cento, rispetto alla variazione media nel 2023, pari a +4,2 per cento) e per i prezzi del “carrello della spesa” (+2,0 per cento, rispetto a +9,5 per cento dell’anno precedente).
Nel 2024, i prezzi dei beni diminuiscono rispetto al 2023 (-0,5 per cento, a fronte di +6,4 per cento, nel 2023): scendono, in particolare, i prezzi dei Beni energetici non regolamentati (soprattutto Energia elettrica mercato libero, Gas di città e Gas naturale mercato libero), dei Beni alimentari lavorati e non lavorati e dei Beni durevoli; rallentano la loro crescita i prezzi di tutti gli altri beni, con l’eccezione dei Tabacchi. Infine, i prezzi dei servizi registrano una variazione pari a +2,8 per cento (+4,2 per cento, nel 2023).
Nel 2023, i prezzi delle abitazioni (indice IPAB) crescono in media d’anno dell’1,3 per cento, in sensibile flessione, rispetto al +3,8 per cento del 2022. L’aumento più significativo riguarda i prezzi delle abitazioni nuove (+5,6 per cento), mentre quelli delle abitazioni esistenti mostrano un incremento molto modesto (+0,4 per cento). A livello territoriale, la crescita media annua dei prezzi, in attenuazione in tutte le ripartizioni geografiche, risulta più elevata al Nord-est (+2,1 per cento) e più debole al Centro (+0,2 per cento).
Nel 2023, il commercio mondiale di beni registra una diminuzione pari al 4,6 per cento, rispetto al 2022. Questo risultato è dovuto a una contrazione dei valori medi unitari (-4,0 per cento) – dopo il forte incremento del 2022 (+9,7 per cento) – e a una lieve riduzione dei volumi scambiati (-0,6 per cento).
Il valore in euro delle esportazioni di merci dell’Italia rimane invariato, mentre quello delle merci importate si riduce del 10,4 per cento. Di conseguenza, il saldo commerciale, negativo, nel 2022 (-34 miliardi di euro circa), diventa positivo, nel 2023 (+34,4 miliardi).
Nel 2023, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali (misurata in dollari) è in lieve crescita (2,85 per cento, da 2,64 per cento del 2022).
NOTA: A settembre 2024 le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. Tale revisione è avvenuta, in coordinamento con Eurostat, in gran parte dei paesi Ue. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” incorporano la suddetta revisione e corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece per la corrente edizione di “Noi Italia” non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat, si è pertanto deciso, per favorire un confronto con le serie storiche nazionali, di non modificare rispetto alla edizione 2024 dati e testi della sezione nazionale e di quella regionale. I dati riportati nella sezione “ITALIA” corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate a settembre 2023 e quelli nella sezione “REGIONI” alla serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2022, dopo la forte contrazione registrata nel 2020, a seguito della crisi sanitaria da Covid-19 e la ripresa del 2021, il valore del Pil pro capite in termini reali continua a crescere, portandosi al livello più alto dal 2009, ma il divario territoriale si mantiene evidente. Nel 2022, nel Mezzogiorno, il livello del Pil pro capite in termini reali è inferiore del 44,5 per cento, rispetto a quello del Centro-nord, e del 34,8 per cento, rispetto alla media nazionale, valori invariati nel confronto con l’anno precedente. Le regioni con il Pil pro capite più basso, ma in miglioramento rispetto all’anno precedente, sono Calabria (17.182 euro) e Sicilia (18.078 euro), precedute da Campania (19.314 euro) e Puglia (19.480 euro). La Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (47.272 euro) mostra il valore più elevato, seguita da Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste, con livelli compresi tra 41 e 38 mila euro. Tuttavia, il confronto con il 2019 evidenzia che, in tutte le regioni, il livello del Pil pro capite ha recuperato e superato i livelli pre-pandemici. Rispetto al 2021, la crescita più sensibile si registra nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (+7,1 per cento), seguita da Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste e Toscana; mentre Abruzzo, Umbria, Lombardia e Sicilia registrano la crescita meno pronunciata, inferiore al 3 per cento.
Nel 2021, l’anno disponibile più recente per le stime territoriali delle componenti del Pil, la quota dei consumi finali interni sul Pil registra il minimo in Lombardia (61,7 per cento) e il massimo in Calabria (118,2 per cento). L’incidenza dei consumi risulta sempre molto elevata per le regioni del Mezzogiorno, superando il 100 per cento anche in Sicilia e Sardegna. I consumi finali interni in volume sono in crescita in tutte le regioni.
Nel 2021, la quota degli investimenti sul Pil più bassa si registra in Calabria e la più elevata nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen. Tutte le regioni registrano elevati incrementi negli investimenti in termini reali, che variano tra il 15,1 per cento della Lombardia e il 39,6 per cento del Molise.
Nel 2021, la produttività del lavoro è diminuita in tutte le ripartizioni; il maggiore calo si registra nel Centro (-2,9 per cento), seguito da Nord-est (-2,2 per cento) e Nord-ovest (-2,0 per cento); il minore, nel Mezzogiorno (-1,2 per cento). In livello, la produttività del lavoro nel Mezzogiorno è più bassa del 23,4 per cento, rispetto a quella del Centro-nord.
Il rallentamento dell’inflazione, nel 2024, si riscontra in tutte le ripartizioni geografiche e in tutte le regioni. Per quanto riguarda le ripartizioni geografiche, quelle che nella media d’anno evidenziano un’inflazione al di sopra del dato nazionale sono Centro (+1,1 per cento, a fronte del +5,7 per cento nel 2023) e Nord-est (+1,1 per cento, a fronte del +5,4 per cento nel 2023); al contrario, tassi di inflazione più moderati si registrano al Sud (+0,9 per cento, a fronte del +5,4 per cento nel 2023), nel Nord-ovest (+0,8 per cento, a fronte del +5,9 per cento nel 2023) e nelle Isole (+0,8 per cento, a fronte del +5,8 per cento nel 2023).
Nel 2024, l’inflazione è più elevata di quella nazionale in sei regioni: Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Toscana, Trentino-Alto Adige/Sudtirol e Veneto; nelle restanti regioni, la crescita dei prezzi al consumo è al di sotto del dato nazionale.
Nella media del 2023, i prezzi delle abitazioni sono in crescita in tutte le ripartizioni geografiche. La crescita è più sostenuta nelle ripartizioni del Nord (+1,9 per cento nel Nord-ovest e +2,1 per cento nel Nord-est) e meno nel Centro e nel Mezzogiorno (rispettivamente, +0,2 per cento e +0,5 per cento). Guardando alle singole componenti, gli andamenti sono differenziati: nel Nord-ovest i prezzi delle abitazioni nuove aumentano significativamente, accelerando, rispetto a quanto registrato nel 2022 (da +5,6 per cento a +8,5 per cento), mentre quelli delle abitazioni esistenti decelerano fortemente (da +4,1 per cento a +0,5 per cento). Nel Nord-est prosegue, seppur in rallentamento, la crescita sia dei prezzi delle abitazioni nuove sia di quelle esistenti (rispettivamente, da +7,3 per cento a +5,2 per cento e da +4,2 per cento a +1,3 per cento). Nel Centro, i prezzi delle abitazioni nuove continuano ad aumentare, anche se in misura più contenuta (da +4,0 per cento a +0,9 per cento), mentre quelli delle esistenti restano sostanzialmente stabili. Nel Mezzogiorno, i prezzi delle abitazioni nuove mostrano un tasso di variazione in diminuzione, ma positivo (da +7,7 per cento a +3,8 per cento), mentre quelli delle abitazioni esistenti diminuiscono, invertendo la tendenza, rispetto all’anno precedente (da +1,6 per cento a -0,5 per cento).
Nel 2023, la provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-nord (circa l’87,7 per cento delle esportazioni nazionali). Le regioni con le quote più elevate di esportazioni sono: Lombardia (26,1 per cento), Emilia-Romagna (13,6 per cento), Veneto (13,1 per cento), Piemonte (10,2 per cento) e Toscana (9,1 per cento). La Lombardia è anche la regione con il maggior numero di operatori all’esportazione (circa 57 mila).
Esportazioni per regione. Anno 2023 (composizioni percentuali)
NOTA: A settembre 2024 le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. Tale revisione è avvenuta, in coordinamento con Eurostat, in gran parte dei paesi UE. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” incorporano la suddetta revisione e corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece per la corrente edizione di “Noi Italia” non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat, si è pertanto deciso, per favorire un confronto con le serie storiche nazionali, di non modificare rispetto alla edizione 2024 dati e testi della sezione nazionale e di quella regionale. I dati riportati nella sezione “ITALIA” corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate a settembre 2023 e quelli nella sezione “REGIONI” alla serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Il livello del Pil pro capite misurato in PPS (standard di potere d’acquisto) è molto variabile tra i paesi dell’UE. Nel 2023, si va dai 24.336 euro della Bulgaria ai 90.309 euro del Lussemburgo; con 37.508 euro, l’Italia si colloca leggermente al di sotto della media UE (38.132 euro). Nel 2023, i paesi UE registrano complessivamente una crescita del Pil pro capite in PPS pari al 6 per cento, rispetto al 2022, con grande variabilità tra i paesi: si rileva un aumento del 12,2 per cento in Romania, mentre Irlanda, Danimarca e Lussemburgo mostrano una flessione del Pil pro capite in PPS (rispettivamente, -5 per cento, -1,4 per cento e -0,2 per cento). Per l’Italia, la crescita è pari al 6,4 per cento.
Pil pro capite. Anno 2023 (in parità di potere d'acquisto standard)
Nell’ultimo decennio, nell’Unione europea, si evidenzia una tendenza alla convergenza del Pil pro capite: in generale, i paesi che presentavano i livelli più bassi sono quelli in cui il Pil pro capite è cresciuto di più e viceversa. In questo contesto, l’Italia mostra una performance negativa: mentre nel 2013, il Pil pro capite in PPS era più alto dello 0,3 per cento, rispetto alla media dei paesi UE, nel 2023, risulta più basso dell’1,6 per cento. Tra il 2013 e il 2023, oltre alla consistente crescita economica (oltre il 70 per cento) che caratterizza la quasi generalità dei paesi che hanno aderito all’UE, a partire dal 2004 (in particolare, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania e Malta), si distingue la performance dell’Irlanda (130,2 per cento). Nello stesso periodo, il Lussemburgo presenta la crescita del Pil pro capite più bassa, inferiore al 25 per cento. Tra il 2013 e il 2023, l’Italia registra una crescita del 42,5 per cento, inferiore di 2,8 punti percentuali, rispetto alla media dei paesi UE.
Nel 2023, in Italia, la quota dei consumi, rispetto al Pil (76,0 per cento), è superiore a quella riscontrata nella media UE (74,0 per cento). Analogamente, la quota degli investimenti sul Pil (22,5 per cento) è maggiore di quella media UE (22,0 per cento). I paesi dell’UE, a eccezione di Irlanda e Lussemburgo, registrano un’incidenza dei consumi superiore al 60 per cento. Nel 2023, la quota degli investimenti sul Pil nei paesi dell’UE è compresa tra il minimo della Grecia (15,2 per cento) e il massimo dell’Estonia (27,9 per cento). Rispetto al 2022, Slovacchia e Romania registrano i più elevati aumenti del volume di investimenti, rispettivamente, 16,6 per cento e 14,5 per cento. Inoltre, l’Italia presenta una crescita piuttosto elevata (8,5 per cento); la Spagna (2,1 per cento) registra un aumento di poco superiore a quello della media UE (1,8 per cento), la Francia inferiore (0,4 per cento), mentre la Germania registra un calo del volume di investimenti pari all’1,2 per cento.
Tra il 2020 e il 2023, la produttività del lavoro in Italia è scesa del 2,5 per cento, un andamento inferiore a quello registrato per l’UE nel suo complesso (+0,5 per cento); nel confronto con i principali paesi europei, la dinamica italiana è risultata superiore a quella della Francia (-2,6 per cento) e inferiore a quelle di Germania e Spagna (rispettivamente, +0,8 per cento e +1,5 per cento).
In controtendenza rispetto ai due anni precedenti, quando mostrava di avere l’inflazione più sostenuta della media dell’Unione Europea, nel 2024, l’Italia è il terzo paese con l’indice dei prezzi al consumo più basso d’Europa (dopo il +0,9 per cento della Lituania e il +1,0 per cento della Finlandia). Il divario positivo tra il dato italiano (+5,9 per cento nel 2023; +1,1 per cento nel 2024) e la media dei paesi dell’Unione monetaria (+5,4 per cento nel 2023; +2,4 per cento nel 2024) è passato da -0,5 a +1,3; in precedenza, dal 2015 fino al 2021 incluso, tale differenziale si era mantenuto sempre stabilmente positivo.
Nel 2023, nei paesi dell’Unione europea, si interrompe la fase di crescita dei prezzi delle abitazioni, in atto dal 2014, registrando un valore medio negativo (-0,3 per cento). Si evidenziano forti differenze a livello territoriale, con paesi in cui i prezzi continuano a crescere, come la Croazia (+11,9 per cento), seguita da Bulgaria e Lituania (rispettivamente, +9,9 per cento e +9,8 per cento) e paesi in cui i prezzi delle abitazioni hanno subito una forte contrazione, in particolare, il Lussemburgo (-9,1 per cento) e la Germania (-8,5 per cento). In Italia, i prezzi aumentano in media d’anno dell’1,3 per cento, rimanendo al di sopra della media europea.
Nel 2023, la Germania si conferma il principale mercato di sbocco delle esportazioni nazionali, con una quota pari all’11,9 per cento; segue la Francia, con una quota del 10,1 per cento, poi Spagna, Polonia e Belgio (rispettivamente, 5,3, 3,2 e 3,1 per cento). I prodotti più esportati dall’Italia verso i paesi dell’UE sono medicinali e preparati farmaceutici (21.557 milioni di euro), autoveicoli (14.904 milioni), altre parti e accessori per autoveicoli (10.378 milioni), ferro, ghisa e acciaio di prima trasformazione e ferroleghe (9.502 milioni), prodotti petroliferi raffinati (8.666 milioni).
NOTA: A settembre 2024 le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. Tale revisione è avvenuta, in coordinamento con Eurostat, in gran parte dei paesi UE. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” incorporano la suddetta revisione e corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece per la corrente edizione di “Noi Italia” non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat, si è pertanto deciso, per favorire un confronto con le serie storiche nazionali, di non modificare rispetto alla edizione 2024 dati e testi della sezione nazionale e di quella regionale. I dati riportati nella sezione “ITALIA” corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate a settembre 2023 e quelli nella sezione “REGIONI” alla serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.