Gli indicatori del mercato del lavoro consentono la misurazione di fenomeni importanti come lo stato occupazionale della popolazione di un Paese e, quindi, della relativa partecipazione alla produzione di reddito. Da queste misure, si possono trarre indicazioni sulle tendenze di crescita economica delle differenti aree dell’Unione europea, utili per predisporre corrette politiche d’intervento. Questi indicatori si rivelano decisivi soprattutto in momenti, come quello attuale, in cui l’occupazione subisce gli effetti negativi della crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19, limitando le possibilità di realizzazione e di scelta degli individui.
In breve
- In Italia, nel 2022, cresce il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 anni e permane un forte squilibrio di genere. Nel 2021, l’Italia si colloca al penultimo posto nella graduatoria Ue, superando soltanto la Grecia.
- L’aumento dell’occupazione, nel 2022, è stato alimentato anche dai lavoratori a termine, la cui incidenza è salita al 16,8% (+0,4 punti, rispetto al 2021), confermandosi più elevata nel Mezzogiorno.
- In riduzione, nel 2022, il tasso di disoccupazione, che rimane più alto per la componente femminile. L’indicatore diminuisce fortemente per la fascia d’età 15-24 anni (-6,0 punti), mentre la quota dei disoccupati di lunga durata registra una lieve crescita (+0,5 punti).
- Gli indicatori del mercato del lavoro confermano lo svantaggio del Mezzogiorno: in particolare, il tasso di disoccupazione è il doppio di quello del Centro e il triplo di quello del Nord-Est.
- Nel 2020, il lavoro irregolare, seppure in calo dal 2015, riguarda ancora il 12% degli occupati, con incidenze più alte nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
La strategia europea include, tra i suoi obiettivi, l’aumento del tasso di occupazione con la raccomandazione di un’ampia partecipazione al mercato del lavoro delle donne e degli ultracinquantenni.
In Italia, nel 2022, il tasso di occupazione nella fascia d’età tra i 20 - 64 anni sale al 64,8% (+2,1 punti percentuali, rispetto al 2021), superando il livello del 2019 (63,5%). Si conferma un forte squilibrio di genere: 19,8 punti percentuali a sfavore delle donne (55,0% a fronte del 74,7% dei coetanei uomini). In crescita anche il tasso di occupazione nella fascia d’età tra i 55 e i 64 anni (+1,6 punti, rispetto al 2021) che, nel 2022, si attesta al 55,0%. La crescita dell’occupazione ha riguardato anche i lavoratori dipendenti a termine: la loro incidenza sale al 16,8% (+0,4 punti, rispetto al 2021), con una quota più alta nel Mezzogiorno (22,9%). Contemporaneamente, si registra una lieve riduzione degli occupati part-time, la cui incidenza scende complessivamente al 18,2%, ma con forti differenze fra maschi (8,3%) e femmine (31,8%).
Tasso di occupazione 20-64 anni (valori percentuali)
La crisi pandemica ha avuto effetti considerevoli anche sul ricorso al lavoro irregolare che, per la prima volta dall’inizio della serie storica (1995), risulta inferiore ai 3 milioni di individui. La quota di lavoro irregolare, calcolato come incidenza percentuale degli occupati non regolari sul totale, risulta in calo nel 2020, attestandosi al 12%, con una contrazione di 0,6 punti percentuali, rispetto al 2019; un’evoluzione particolarmente accentuata per un fenomeno caratterizzato generalmente da dinamiche più contenute. Nel 2020, l’incidenza del lavoro irregolare registra una riduzione diffusa in quasi tutti i settori di attività economica, unica eccezione l’agricoltura, dove l’incidenza sale di 0,3 punti percentuali, rispetto al 2019 e quasi un quarto dell’occupazione non è regolare (24,4%). Nel settore delle costruzioni, il tasso di irregolarità medio è del 14,8%, in calo di 0,6 punti. Nell’industria in senso stretto, si registra la variazione più bassa (0,2 punti percentuali) e il tasso di irregolarità più contenuto (6%). La quota di lavoro irregolare, nel settore dei servizi, è pari al 12,5%, con una variazione di 0,7 punti percentuali, rispetto al 2019.
Il tasso di disoccupazione, nel 2022, evidenzia una diminuzione di 1,4 punti, rispetto al 2021, scendendo dal 9,5% all’8,1%, con differenze fra la componente femminile e maschile (rispettivamente 9,4% e 7,1%). In forte calo l’indicatore nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni (-6,0 punti percentuali), che si attesta al 23,7%; anche fra i giovani, l’indicatore si conferma più elevato per la componente femminile (25,8% a fronte del 22,3% di quella maschile), con un differenziale in diminuzione, rispetto al 2021. Risulta in lieve aumento la quota di disoccupati che cercano lavoro da almeno un anno (+0,5 punti percentuali), con un valore che sale al 57,3%, più alto per i maschi.
Il tasso di mancata partecipazione (tra i 15 e i 74 anni) dà conto di quanti sono disponibili a lavorare, pur non cercando attivamente lavoro. Nel 2022, dopo la lieve diminuzione del 2021, l’indicatore registra un calo significativo (-3,2 punti percentuali), attestandosi al 16,2%, che rimane comunque più alto per le donne di 6,1 punti percentuali, rispetto agli uomini.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
La maggior parte degli indicatori del mercato del lavoro presenta ancora divari territoriali marcati. Nel 2022, nelle Regioni del Nord, relativamente alla fascia d’età 20-64 anni, sono occupate oltre 7 persone su 10, nel Centro quasi 7, mentre nel Mezzogiorno si arriva solamente a 5 persone su 10; gli estremi variano tra il 46,2% della Sicilia e il 79,2% della Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Più contenuti i divari del tasso di occupazione tra i 55 e i 64 anni: nel Nord-Est, raggiunge il 58,9%, nel Centro il 60,7% e nel Mezzogiorno il 46,7%.
L'incidenza del part-time si distribuisce in modo uniforme nelle aree del Paese, con una lieve prevalenza nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol e in Sardegna. La quota di lavoratori a termine, invece, è sensibilmente più alta nel Mezzogiorno: oltre 8 punti percentuali in più rispetto al Centro-Nord, con un divario leggermente maggiore per le donne. La quota delle occupate a termine va dal 13,1% della Lombardia, al 29,2% della Calabria.
Tra il 2019 e il 2020, l’incidenza del lavoro irregolare (tasso di irregolarità) è più elevata nel Mezzogiorno (16,7%), con la Calabria (20,9%, in calo, rispetto al 2019), che registra il valore più alto, e l’Abruzzo (13,6%) il più basso, ma comunque superiore alla media nazionale (12%). Nel Centro, il Lazio presenta il tasso più elevato (14,3% in calo di 1 punto percentuale, rispetto al 2019). Il Nord-Est mantiene in media la minor incidenza, con il valore più basso nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (8,4%, stabile rispetto al 2019). Il lavoro sommerso è più diffuso nelle unità produttive di minori dimensioni ed è caratterizzato da forti specificità settoriali. Nelle costruzioni, il tasso di irregolarità nel Mezzogiorno (21,5%) è più alto della media nazionale di 6,7 punti percentuali. Il settore dei servizi presenta una variabilità territoriale più contenuta, rispetto agli altri settori.
Nel 2022, i divari territoriali persistono anche per il tasso di disoccupazione, seppure il valore dell’indicatore sia diminuito. Il tasso del Mezzogiorno (14,3%) supera di oltre tre volte quello del Nord-Est (4,5%) e di due quello del Centro, con un picco del 17,1% in Campania. Di contro, il valore più basso nel Nord si registra nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol (3,0%), nel Centro in Toscana (6,0%), nel Mezzogiorno in Basilicata (7,1%). Le differenze di genere subiscono un lieve incremento, rispetto al 2021: il divario più alto a sfavore delle donne continua a registrarsi nel Mezzogiorno, con la Regione Puglia che segnala il gap più elevato (5,5 punti percentuali).
Tasso di disoccupazione. Anno 2022 (Valori percentuali)
Nel 2022, il tasso di disoccupazione giovanile scende di 6,0 punti percentuali e si attesa al 23,7%. L’indicatore diminuisce più marcatamente nel Centro e nel Mezzogiorno (rispettivamente - 6,7 e - 6,1 punti,); le riduzioni più elevate, oltre i 10 punti percentuali, si registrano in Calabria, Sardegna e Umbria. Il lieve aumento della disoccupazione di lunga durata è il risultato della decrescita nel Centro e nel Nord-Ovest e dell’incremento nel Mezzogiorno, soprattutto nel Nord-Est. Permangono comunque i divari territoriali: nel Centro-Nord, meno della metà dei disoccupati cerca lavoro da almeno un anno, nel Mezzogiorno, i due terzi (in Campania il 69,6%).
La consistente riduzione del tasso di mancata partecipazione, maggiore per le donne, è diffusa in tutte le Regioni, in misura maggiore in quelle centrali e meridionali. Nonostante ciò, l’indicatore riferito al Mezzogiorno (29,8%) è tre volte superiore a quello del Centro-Nord, con la Sicilia che presenta il livello più alto (il 35,3%, nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol 5,9%). Il divario di genere a sfavore delle donne (-6,1 punti percentuali a livello nazionale) risulta il doppio nel Mezzogiorno (-12,2 punti), mentre è di -4,4 punti nel Centro-Nord.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2021, la dinamica del mercato del lavoro segnala una ripresa dopo gli effetti della crisi generata dall’emergenza sanitaria. Nella media europea, il tasso di occupazione per la fascia d’età 20-64 anni aumenta di 0,9 punti percentuali, attestandosi al 73,1%, mentre quello di disoccupazione registra una lieve diminuzione ( -0,1 punti), raggiungendo il 7,0%.
In Italia, il tasso di occupazione è cresciuto solamente di 0,1 punti e il valore si è attestato al 62,7%, confermandole il penultimo posto nella graduatoria europea, con un tasso secondo solo a quello della Grecia. Per questo indicatore aumenta quindi il divario con la media Ue, che si porta da 9,6 punti del 2020 a 10,4 punti del 2021. La distanza è ancora più forte per le donne della stessa fascia d’età (14,5 punti percentuali). Meno ampia la differenza tra il tasso di occupazione dell’Ue e quello italiano per la popolazione in età compresa tra i 55 e i 64 anni: il tasso italiano, 53,4%, è inferiore di 7,1 punti rispetto alla media europea, con divari contenuti per gli uomini e più ampi per le donne (rispettivamente -3,6 e -10,3 punti).
Tasso di occupazione 20-64 anni. Anno 2021 (valori percentuali)
Nel 2021, il tasso di disoccupazione nell’Ue scende di 0,1 punti percentuali, mentre, in Italia, sale di 0,3 punti. Sebbene il divario non sia ampio, il livello dell’indicatore rimane più elevato nel nostro Paese (9,5% contro 7,0% della media Ue), con un valore inferiore soltanto a quello di Grecia e Spagna. Nella Repubblica Ceca, l’indicatore si posiziona al 2,8%; Germania, Polonia e Malta registrano valori tra il 3 e 4 per cento.
Nell’Ue, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) scende di 0,1 punti percentuali e in Italia sale di 0,3 punti, con valori rispettivamente del 16,6% e del 29,7%: in tal modo il divario si è ampliato e supera i 13 punti percentuali. L’indicatore varia dal 6,9% della Germania al 35,5% della Grecia. Se nell’Ue le differenze di genere sono minime, in Italia l’indicatore femminile supera di oltre 5 punti quello maschile.
In questa edizione i dati disponibili per il confronto europeo sono solo quelli relativi ai seguenti indicatori: tasso di occupazione 20-64 anni, tasso di occupazione 55-64 anni, tasso di disoccupazione, tasso di disoccupazione 15-24 anni.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine. Poiché tale ricostruzione non è disponibile e omogenea per tutti i Paesi, a livello europeo, il confronto al momento si limita solo agli indicatori ricostruiti e direttamente confrontabili.