Gli indicatori del mercato del lavoro misurano fenomeni importanti come il livello di occupazione, nazionale e distinto per regione, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro e il lavoro irregolare. Inoltre, gli indicatori sono distinti per sesso ed età, consentendo di osservare le differenze di genere e inter-generazionali. Infine, la parte conclusiva pone l’Italia a confronto con i paesi europei, per ciò che concerne il mercato del lavoro, offrendo informazioni sulle tendenze di crescita economica delle differenti aree dell’Unione europea, utili per predisporre corrette politiche d’intervento. Infatti, nelle fasi negative del ciclo economico, il monitoraggio dell’andamento dell’occupazione consente al policy maker di intervenire con strumenti di breve periodo che mitigano gli effetti negativi della crisi economica e con strumenti di lungo periodo che favoriscono la crescita del Pil.
In breve
- In Italia, nel 2024, il tasso di occupazione della popolazione nella fascia d’età 20-64 anni è uguale al 67,1 per cento, con una crescita di 0,8 punti percentuali, rispetto al 2023. Il tasso di occupazione aumenta maggiormente per la componente femminile e nel Mezzogiorno, ma gli squilibri di genere e territoriali rimangono evidenti.
- Nel 2024, il numero dei dipendenti a tempo determinato diminuisce, così come la loro quota sul totale dei dipendenti, che scende da 16,0 per cento a 14,7 per cento. Restano ampi i divari territoriali, con una quota di dipendenti a tempo determinato molto più elevata nel Mezzogiorno (20,0 per cento).
- Nel 2024, il valore di tutti gli indicatori che misurano la disoccupazione e la mancata partecipazione al mercato del lavoro diminuisce. In particolare, il tasso di disoccupazione (15-74 anni) scende dal 7,7 per cento al 6,5 per cento e quello di mancata partecipazione dal 14,8 per cento al 13,3 per cento; inoltre, diminuisce il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni e la quota di disoccupati di lunga durata.
- Nonostante il migliore andamento degli indicatori relativi al Mezzogiorno, restano forti le differenze territoriali: in particolare, il tasso di mancata partecipazione è circa quattro volte quello del Nord-est.
- Nel 2022, il lavoro irregolare, seppure in calo dal 2016, riguarda ancora il 9,7 per cento degli occupati, con un’incidenza più alta nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2024, in Italia, il tasso di occupazione nella fascia di età 20-64 anni è pari al 67,1 per cento (+0,8 punti percentuali, rispetto al 2023). L’incremento riguarda maggiormente le donne (+0,9), anche se il divario di genere persiste: il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello maschile di oltre 19 punti percentuali (rispettivamente 57,4 e 76,8 per cento). In crescita anche il tasso di occupazione nella fascia d’età 55-64 anni (+1,7 punti percentuali, rispetto al 2023) che, nel 2024, è uguale al 59,0 per cento. Prosegue la diminuzione dei lavoratori dipendenti a tempo determinato, la cui incidenza sul totale dei dipendenti è uguale al 14,7 per cento (-1,3 punti percentuali, rispetto al 2023) e degli occupati part-time, la cui quota è uguale complessivamente al 17,1 per cento dell’occupazione totale (-0,9 punti percentuali, rispetto al 2023). Nonostante la riduzione della quota di dipendenti in part-time sia maggiore per le donne, resta forte il divario di genere (il 7,5 per cento degli occupati di genere maschile ha un lavoro a tempo parziale, a fronte del 30,0 per cento degli occupati di genere femminile).
Tasso di occupazione 20-64 anni (valori percentuali)
Nel 2022, in Italia, il lavoro irregolare, in diminuzione dal 2008, è stabile e uguale a poco meno di 2,5 milioni di individui. La quota di lavoro irregolare, calcolato come incidenza percentuale degli occupati non regolari sul totale degli occupati, è uguale al 9,7 per cento, in flessione rispetto al 2021 (-0,2 punti percentuali). Nel 2022, l’incidenza del lavoro irregolare registra una riduzione in tutti i settori di attività economica, fatta eccezione per l’Industria in senso stretto, dove si mantiene stabile, rispetto al 2021, al 4,6 per cento. Nell’Agricoltura, rispetto al 2021, l’incidenza diminuisce di 0,1 punti percentuali, e oltre un quinto dell’occupazione non è regolare (20,2 per cento). Nel settore delle costruzioni, il tasso di irregolarità medio è pari all’11,3 per cento, in calo di 0,1 punti percentuali. Nel settore dei servizi, la quota di lavoro irregolare è uguale al 10,2 per cento, con una variazione negativa di 0,2 punti percentuali, rispetto all’anno precedente.
Nel 2024, in Italia, il tasso di disoccupazione (15-74 anni), è pari al 6,5 per cento (7,7 per cento nel 2023), con differenze tra la componente femminile e maschile della popolazione (rispettivamente 7,3 per cento e 5,9 per cento). La riduzione è più evidente per le donne. Il valore dell’indicatore è in flessione anche nella fascia di età 15-24 anni ed è uguale al 20,3 per cento (-2,4 punti percentuali). Inoltre, fra i giovani, l’indicatore migliora in misura maggiore per la componente femminile ed è pari al 22,2 per cento (25,2 per cento, nel 2023), mentre, per i maschi, il valore passa dal 21,1 per cento al 19,2 per cento. Infine, diminuisce la quota di disoccupati che cercano lavoro da almeno un anno (-4,6 punti percentuali) ed è uguale al 50,2 per cento.
Nel 2024, prosegue la riduzione del tasso di mancata partecipazione (15-74 anni). Si consideri che tale tasso, tiene conto anche di quanti sono disponibili a lavorare, ma non attivamente in cerca di un’occupazione. Nel 2024, l’indicatore si riduce di 1,5 punti percentuali ed è uguale al 13,3 per cento; la flessione è maggiore per le donne, ma il valore relativo alla componente femminile risulta più elevato di circa cinque punti percentuali, rispetto a quello della componente maschile.
NOTA: A settembre 2024 le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. Pertanto, i dati i presenti nella sezione “ITALIA” corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece per la corrente edizione di “Noi Italia”, non essendo ancora diffuse le serie complete territoriali di fonte Istat, per i dati riportati nella sezione “REGIONI” l’ultimo anno disponibile è il 2021 e si riferisce alle serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2024, l’incremento del tasso di occupazione nella fascia di età 20-64 anni è maggiore nel Mezzogiorno (+1,2 punti percentuali), ma gli squilibri territoriali rimangono significativi. Infatti, il divario territoriale tra Mezzogiorno e Centro-nord è superiore ai 20 punti percentuali (53,4 per cento nel Mezzogiorno, rispetto al 74,1 per cento nel Centro-Nord). In particolare, la quota di occupati sulla popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni varia tra il minimo del 48,5 per cento, in Calabria, e il massimo 79,9 per cento, nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen. Gli aumenti più consistenti (superiori a 1,5 punti percentuali) si registrano nel Centro-nord (in Piemonte, Toscana e Umbria) e nel Mezzogiorno (in Sicilia e Sardegna), mentre si osserva una flessione in Veneto, Emilia-Romagna e Marche. Più contenuti i divari territoriali del tasso di occupazione nella fascia di età 55-64 anni, che è uguale al 63,5 per cento nel Centro-nord e al 49,9 per cento nel Mezzogiorno. L'incidenza del part-time è leggermente più elevata nel Nord-est, in particolare in Trentino-Alto Adige/Sudtirol (22,1 per cento). Nonostante la riduzione della quota di lavoratori a tempo determinato sia diffusa su tutto il territorio, l’incidenza è sensibilmente più alta nel Mezzogiorno: oltre 7,0 punti percentuali in più rispetto al Centro-nord, con un divario leggermente maggiore per le femmine. La quota delle occupate a termine varia dall’11,5 per cento della Lombardia al 26,3 per cento della Calabria.
Tra il 2020 e il 2021, l’incidenza del lavoro irregolare (tasso di irregolarità) è più elevata nel Mezzogiorno (15,6 per cento); la Calabria registra il valore più alto (19,6 per cento, in calo di 1,2 punti percentuali, rispetto al 2020) e l’Abruzzo quello più basso (12,8 per cento), ma superiore alla media nazionale (11,3 per cento). Nel Centro, il Lazio mostra il tasso di irregolarità più elevato (13,6 per cento, in calo rispetto al 2020). Nel Nord-est si osserva in media la minor incidenza di lavoro irregolare, con il valore più basso nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (7,9 per cento; in diminuzione di 0,5 punti percentuali, rispetto al 2020). In generale, il lavoro sommerso è più diffuso nelle unità produttive di minori dimensioni ed è caratterizzato da forti specificità settoriali. Nelle costruzioni, il tasso di irregolarità nel Mezzogiorno (19,4 per cento) è più alto della media nazionale di 5,8 punti percentuali. Il settore dei servizi presenta una variabilità territoriale più contenuta, rispetto agli altri settori.
Nel 2024, i divari territoriali persistono anche per il tasso di disoccupazione, anche se il valore dell’indicatore è diminuito più nelle regioni meridionali. Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno (11,9 per cento) supera di oltre tre volte quello registrato nel Nord-est (3,6 per cento) e di oltre due quello del Centro; la Campania mostra il valore più levato (15,6 per cento). Nel Nord, il valore più basso del tasso di disoccupazione si registra nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen (2,0 per cento); nel Centro, in Toscana (4,0 per cento); nel Mezzogiorno, in Basilicata (6,7 per cento). Il divario di genere a livello regionale è lievemente inferiore rispetto al 2023: il divario più alto a sfavore delle donne continua a registrarsi nel Mezzogiorno, con la Basilicata che mostra il gap più elevato (4,2 punti percentuali).
Nel 2024, in Italia, il tasso di disoccupazione giovanile scende di 2,4 punti percentuali ed è uguale al 20,3 per cento. La diminuzione riguarda tutte le ripartizioni territoriali ed è più evidente nel Nord-est e nel Mezzogiorno. Nonostante il miglioramento nelle regioni meridionali, il valore dell’indicatore rimane particolarmente elevato, in particolare in Calabria (42,6 per cento). La riduzione della disoccupazione di lunga durata è diffusa in tutte le ripartizioni. Tuttavia, restano inalterati i divari territoriali: nel Centro-nord, il 39,2 per cento dei giovani disoccupati cerca lavoro da almeno un anno; nel Mezzogiorno il 60,4 per cento (63,5 per cento, in Calabria).
Tasso di disoccupazione. Anno 2024 (Valori percentuali)
Nel 2024, si osserva una riduzione del tasso di mancata partecipazione in tutte le regioni, ad eccezione delle Marche, dove l’indicatore è stabile. Il tasso di mancata partecipazione nel Mezzogiorno (25,5 per cento) è tre volte superiore a quello del Centro-nord: Sicilia, Campania e Calabria presentano i livelli più alti (30 per cento circa). Il divario di genere a sfavore delle femmine (4,6 punti percentuali a livello nazionale) risulta più che doppio nel Mezzogiorno (9,8 punti), mentre è di circa 3 punti percentuali nel Centro-nord.
NOTA: A settembre 2024 le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. Pertanto, i dati presenti nella sezione “ITALIA” corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece nella corrente edizione di “Noi Italia”, non essendo ancora diffuse le serie complete territoriali di fonte Istat, per i dati riportati nella sezione “REGIONI” l’ultimo anno disponibile è il 2021 e si riferisce alle serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nell’Unione europea (gli ultimi dati disponibili si riferiscono all’anno 2023) prosegue la dinamica positiva del mercato del lavoro, anche se a ritmi meno sostenuti. Il tasso di occupazione per la fascia d’età 20-64 anni aumenta di 0,7 punti percentuali, ed è uguale al 75,3 per cento, mentre quello di disoccupazione è uguale al 6,1 per cento (-0,1 punti).
Nel 2023, in Italia, il tasso di occupazione è cresciuto maggiormente, rispetto alla media europea (+1,5 punti percentuali) ed è uguale al 66,3 per cento; si riduce quindi la distanza dalla media europea, da 9,8 a 9 punti percentuali. Ciononostante, l’Italia continua ad occupare l’ultima posizione nella graduatoria dei 27 paesi UE, a circa un punto di distanza dalla Grecia. Sebbene il tasso di occupazione femminile sia cresciuto più di quello maschile, in Italia e nella media UE, aumenta la distanza dal resto d’Europa, per quel che riguarda il divario di genere: nel nostro Paese, infatti, il tasso di occupazione femminile è di 19,5 punti percentuali più basso di quello maschile, a fronte di una media europea pari al 10,2 per cento. Meno ampia la differenza tra il tasso di occupazione dell’UE e quello italiano per la popolazione in età compresa tra i 55 e i 64 anni: il tasso italiano, 57,3 per cento, è inferiore alla media europea di 6,6 punti percentuali; tale distanza peraltro è in diminuzione, rispetto al 2022.
Tasso di occupazione 20-64 anni. Anno 2023 (valori percentuali)
Nel 2023, l'incidenza degli occupati a tempo determinato si riduce sia nell'UE sia in Italia, ed è uguale rispettivamente al 13,5 per cento e al 16 per cento; peraltro, se nella media UE l’andamento è sostanzialmente simile per entrambi i generi, in Italia, la riduzione è lievemente più accentuata per i maschi, per i quali la quota di occupati a tempo determinato è comunque inferiore a quella delle femmine (14,8 per cento contro 17,5 per cento); il gap di genere a sfavore delle donne, stabile in Europa a 1,6 punti percentuali, aumenta a 2,7 punti in Italia. Allo stesso tempo, la flessione dell'incidenza degli occupati part-time a livello italiano, a fronte dell’aumento a livello europeo, riduce nuovamente il divario tra Italia e UE. Il miglioramento riguarda entrambe le componenti di genere, ma la quota di part-time per le donne italiane continua ad essere di oltre due punti più elevata della media europea (31,4 per cento, rispetto a 29,2 per cento).
Nel 2023, il tasso di disoccupazione si riduce di 0,1 punti percentuali nell’UE e di 0,4 punti percentuali in Italia che, tuttavia, con un tasso di disoccupazione pari a 7,7 punti, rimane in terzultima posizione nella graduatoria dei 27 paesi UE, al pari della Svezia, seguita da Grecia e Spagna (rispettivamente, 11,1 per cento e 12,2 per cento). Valori particolarmente bassi dell’indicatore si rilevano in Cechia e Polonia, dove il tasso di disoccupazione è inferiore al 3 per cento.
Nel 2023, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), stabile nella media europea, in Italia, si riduce di un punto percentuale, con valori rispettivamente pari a 14,5 per cento e 22,7 per cento. L’indicatore varia dal 5,9 per cento della Germania al 28,7 per cento della Spagna. Se nella media UE il valore maggiore si registra per i maschi (14,9 per cento, rispetto al 14 per cento per le femmine), in Italia, il tasso di disoccupazione femminile supera di 4,1 punti percentuali quello maschile.
Rispetto al 2022, il tasso di mancata partecipazione europeo diminuisce di 0,3 punti percentuali, ed è pari all’8,7 per cento; in Italia (ultima in graduatoria nel 2022), l’indicatore migliora di 1,4 punti ed è uguale al 14,8 per cento, valore di poco inferiore a quello della Spagna.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine. Poiché tale ricostruzione non è disponibile e omogenea per tutti i paesi, a livello europeo, il confronto al momento si limita solo agli indicatori ricostruiti e direttamente confrontabili.