Gli indicatori del mercato del lavoro consentono la misurazione di fenomeni importanti come lo stato occupazionale della popolazione di un Paese e, quindi, della relativa partecipazione alla produzione di reddito. Da queste misure, si possono trarre indicazioni sulle tendenze di crescita economica delle differenti aree dell’Unione europea, utili per predisporre corrette politiche d’intervento. Questi indicatori, infatti, si rivelano decisivi soprattutto nelle fasi negative del ciclo economico, poiché consentono al policy maker di monitorare l’andamento dell’occupazione e intervenire con strumenti temporanei che mitighino gli effetti negativi della crisi economica e strumenti di lungo periodo che favoriscano la crescita del Pil.
In breve
- In Italia, nel 2023, cresce il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 anni (+1,5 punti percentuali) che si attesta al 66,3%. Il tasso di occupazione aumenta di più per la componente femminile della popolazione e nel Mezzogiorno, ma gli squilibri di genere e territoriali rimangono molto forti.
- Nel 2023, i dipendenti a tempo determinato diminuiscono, così come la loro quota sul totale dei dipendenti, che scende da 16,8% a 16%. Nonostante il calo sia maggiore nel Mezzogiorno (-1,4 punti percentuali), la quota di dipendenti a tempo determinato resta molto più elevata nelle regioni meridionali (21,5%).
- Diminuiscono, nel 2023, tutti gli indicatori che misurano la disoccupazione e la mancata partecipazione al mercato del lavoro. In particolare, si riduce il tasso di disoccupazione (-0,4 punti percentuali) e in misura maggiore quello di mancata partecipazione (-1,4 punti percentuali); in calo anche il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni e la quota di disoccupati di lunga durata.
- Gli indicatori relativi al mercato del lavoro confermano lo svantaggio del Mezzogiorno: in particolare, il tasso di mancata partecipazione è quasi quattro volte quello del Nord-Est.
- Nel 2021, il lavoro irregolare, seppure in calo dal 2016, riguarda ancora l’11,3% degli occupati, con incidenze più alte nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2023, in Italia, il tasso di occupazione nella fascia d’età 20-64 anni sale al 66,3% (+1,5 punti percentuali, rispetto al 2022). Nonostante Il tasso di occupazione aumenti maggiormente per le femmine e nel Mezzogiorno (rispettivamente, +1,6 e +1,7 punti percentuali), gli squilibri di genere e territoriali rimangono molto forti: il divario di genere è pari a 19,5 punti percentuali (56,5% per le femmine, a fronte del 76,0% per i coetanei maschi), mentre il divario territoriale tra Mezzogiorno e Centro-Nord supera di poco i 20 punti percentuali (52,2% nel Mezzogiorno, rispetto al 73,5% nel Centro-Nord). In crescita anche il tasso di occupazione nella fascia d’età 55-64 anni (+2,3 punti percentuali, rispetto al 2022) che, nel 2023, si attesta al 57,3%. La crescita dell’occupazione non ha riguardato i lavoratori dipendenti a tempo determinato, la cui incidenza sul totale dei dipendenti scende al 16,0% (-0,8 punti percentuali, rispetto al 2022); nonostante il calo sia maggiore nel Mezzogiorno (-1,4 punti percentuali), la quota di dipendenti a tempo determinato resta molto più elevata nelle regioni meridionali (21,5%). Contemporaneamente, si registra una lieve riduzione degli occupati part-time, la cui incidenza scende complessivamente al 18% (-0,2 punti percentuali), ma con forti differenze fra maschi (8,1%) e femmine (31,5%).
Tasso di occupazione 20-64 anni (valori percentuali)
La crisi pandemica ha avuto effetti considerevoli anche sul ricorso al lavoro irregolare che, per la prima volta dall’inizio della serie storica (1995), risulta inferiore ai 3 milioni di individui. Nel 2021, la quota di lavoro irregolare, calcolato come incidenza percentuale degli occupati non regolari sul totale degli occupati, risulta in calo, rispetto al 2020, attestandosi all’11,3%, con una contrazione di 0,7 punti percentuali; un’evoluzione particolarmente accentuata per un fenomeno caratterizzato generalmente da dinamiche più contenute. Nel 2021, l’incidenza del lavoro irregolare registra una riduzione diffusa in tutti i settori di attività economica. Nell’agricoltura, l’incidenza scende di 1,2 punti percentuali, rispetto al 2020, e quasi un quarto dell’occupazione non è regolare (23,2%). Nel settore delle costruzioni, il tasso di irregolarità medio è pari al 13,6%, in calo di 1,2 punti percentuali. Nell’industria in senso stretto, si registra il tasso di irregolarità più contenuto (5,4%), in calo di 0,6 punti percentuali, rispetto al 2020. La quota di lavoro irregolare, nel settore dei servizi, è pari all’11,9%, con una variazione in diminuzione di 0,6 punti percentuali, rispetto all’anno precedente.
Il tasso di disoccupazione, nel 2023, evidenzia una diminuzione di 0,4 punti, rispetto al 2022 (da 8,1% a 7,7%), con differenze fra la componente femminile e maschile (rispettivamente, 8,8% e 6,8%). In calo anche l’indicatore nella fascia d’età 15-24 anni (-1,0 punti percentuali), che si attesta al 22,7%. Tuttavia, anche fra i giovani, l’indicatore si conferma più elevato per la componente femminile (25,2%, a fronte del 21,1% di quella maschile), con un differenziale che torna a crescere dopo il calo dell’anno precedente. Risulta in diminuzione la quota di disoccupati che cercano lavoro da almeno un anno (54,8%: -2,5 punti percentuali), soprattutto fra i maschi (-3,4 punti percentuali).
Il tasso di mancata partecipazione (tra i 15 e i 74 anni) misura la disponibilità a lavorare, anche se non attivamente in cerca di un’occupazione. Nel 2023, dopo il forte calo del 2022, questo tasso registra una nuova, ma meno intensa, riduzione (-1,4 punti percentuali), attestandosi al 14,8%. L’indicatore si riduce in misura maggiore per le donne, ma il valore relativo alla componente femminile risulta più elevato di quasi sei punti percentuali, rispetto a quello della componente maschile.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
La maggior parte degli indicatori sul mercato del lavoro presenta ancora divari territoriali marcati. Nel 2023, nelle Regioni del Centro-Nord, relativamente alla fascia d’età 20-64 anni, sono occupate oltre 7 persone su 10, mentre, nel Mezzogiorno, 5 persone su 10; gli estremi variano tra il 48,4% di occupati in Calabria e Campania e il 79,6% nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen. Più contenuti i divari del tasso di occupazione tra i 55 e i 64 anni: nel Nord-Est, il tasso raggiunge il 62,6%; nel Centro, si attesta al 61,7% e, nel Mezzogiorno, al 48,3%.
L'incidenza del part-time si distribuisce in modo uniforme nelle aree del Paese, con una lieve prevalenza nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol e in Sardegna. La quota di lavoratori a tempo determinato, invece, è sensibilmente più alta nel Mezzogiorno: oltre 7 punti percentuali in più rispetto al Centro-Nord, con un divario leggermente maggiore per le femmine. La quota delle occupate a termine va dal 12,5% della Lombardia, al 30,2% della Calabria.
Tra il 2020 e il 2021, l’incidenza del lavoro irregolare (tasso di irregolarità) è più elevata nel Mezzogiorno (15,6%), con la Calabria (19,6%, in calo di 1,2 punti percentuali, rispetto al 2020) che registra il valore più alto e l’Abruzzo (12,8%) il più basso, ma comunque superiore alla media nazionale (11,3%). Nel Centro, il Lazio presenta il tasso più elevato (13,6%, in calo rispetto al 2020). Il Nord-Est mantiene in media la minor incidenza, con il valore più basso nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (7,9%, in diminuzione di 0,5 punti percentuali, rispetto al 2020). Il lavoro sommerso è più diffuso nelle unità produttive di minori dimensioni ed è caratterizzato da forti specificità settoriali. Nelle costruzioni, il tasso di irregolarità nel Mezzogiorno (19,4%) è più alto della media nazionale di 5,8 punti percentuali. Il settore dei servizi presenta una variabilità territoriale più contenuta, rispetto agli altri settori.
Nel 2023, i divari territoriali persistono anche per il tasso di disoccupazione, seppure il valore dell’indicatore sia diminuito. Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno (14,0%) supera di oltre tre volte quello registrato nel Nord-Est (4,4%) e di oltre due quello del Centro, con un picco del 17,4% in Campania. Di contro, il valore più basso del Nord si registra nel Trentino-Alto Adige/Sudtirol (2,8%), del Centro, nelle Marche (5,2%), del Mezzogiorno, in Basilicata (7,5%). Le differenze di genere registrano una lieve riduzione, rispetto al 2022: il divario più alto a sfavore delle donne continua a registrarsi nel Mezzogiorno, con la Puglia che segnala il gap più elevato (6,1 punti percentuali).
Tasso di disoccupazione. Anno 2023 (Valori percentuali)
Nel 2023, in Italia, il tasso di disoccupazione giovanile scende di un punto percentuale e si attesa al 22,7%. L’indicatore diminuisce più marcatamente nel Centro – soprattutto nel Lazio (-5,0 punti percentuali) – mentre aumenta leggermente nel Nord-Est. Infine, nel Mezzogiorno, nonostante il lieve calo, il tasso di disoccupazione giovanile continua a crescere in Puglia e soprattutto in Calabria, dove il valore è particolarmente elevato (44,4%). La riduzione della disoccupazione di lunga durata è diffusa in tutte le ripartizioni ed è più forte nel Nord-Est. Permangono comunque i divari territoriali: nel Centro-Nord, meno della metà dei disoccupati cerca lavoro da almeno un anno; nel Mezzogiorno, quasi i due terzi (in Calabria il 69,3%).
Nel 2023, la riduzione del tasso di mancata partecipazione è diffusa in tutte le Regioni, in misura maggiore in quelle centrali e meridionali. Nonostante ciò, l’indicatore riferito al Mezzogiorno (28,0%) è tre volte superiore a quello del Centro-Nord, con Sicilia, Campania e Calabria che presentano i livelli più alti (oltre il 30%). Il divario di genere a sfavore delle donne (5,7 punti percentuali a livello nazionale) risulta più che doppio nel Mezzogiorno (11,7 punti), mentre è di 4 punti percentuali nel Centro-Nord.
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2022, prosegue la dinamica positiva del mercato del lavoro nell’Unione europea. Il tasso di occupazione per la fascia d’età 20-64 anni aumenta di 1,5 punti percentuali, attestandosi al 74,6%, mentre quello di disoccupazione scende al 6,2% (-0,9 punti).
In Italia, il tasso di occupazione è cresciuto maggiormente rispetto alla media europea (+2,1 punti percentuali), attestandosi al 64,8%; si riduce di conseguenza la distanza dalla media europea, da 10,4 a 9,8 punti percentuali. Ciononostante, l’Italia scende all’ultima posizione nella graduatoria dei 27 paesi Ue a seguito del migliore andamento della Grecia, che occupava la posizione più bassa nel 2021 e il cui tasso di occupazione nel 2022 si attestava al 66,3% (+3,7). Peggiora, inoltre, la distanza dal resto d’Europa per quel che riguarda il divario di genere: nel nostro Paese, il tasso di occupazione femminile è di 19,7 punti percentuali più basso di quello maschile, a fronte di una media europea pari al 10,7%. Meno ampia la differenza tra il tasso di occupazione dell’Ue e quello italiano per la popolazione in età compresa tra i 55 e i 64 anni: il tasso italiano, 55,0%, è inferiore di 7,3 punti percentuali rispetto alla media europea; tuttavia la distanza è lievemente in aumento, rispetto al 2021.
Tasso di occupazione 20-64 anni. Anno 2022 (valori percentuali)
L'incidenza degli occupati a tempo determinato nell'Ue rimane in media stabile al 14,1%, ma il valore italiano cresce di 0,4 punti percentuali, attestandosi al 16,8%; peraltro, se nella media Ue l’andamento è sostanzialmente simile per entrambi i generi, in Italia l’aumento riguarda solo le donne, per le quali la quota di occupate a tempo determinato raggiunge il 18,2%, contro il 14,9 della media Ue (27 Paesi). Allo stesso tempo, la flessione dell'incidenza degli occupati part time a livello italiano, a fronte della stabilità a livello europeo, riduce leggermente il divario tra Italia e Ue. Il miglioramento, tuttavia, riguarda solo gli uomini, mentre la quota di part time continua ad aumentare per le donne italiane a fronte di un calo nella media europea.
Nel 2022, il tasso di disoccupazione scende di 0,9 punti percentuali nell’Ue e di 1,4 punti percentuali in Italia. Il nostro Paese tuttavia, con un tasso di disoccupazione pari a 8,1 punti, rimane in terzultima posizione nella graduatoria dei 27 paesi, seguito da Grecia e Spagna (rispettivamente, 12,5% e 12,9%). Valori particolarmente bassi dell’indicatore si rilevano in Cechia, Malta e Polonia, dove il tasso di disoccupazione è inferiore al 3%.
In diminuzione il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che si riduce di 2,2 punti percentuali nella media europea e di 6 punti percentuali in Italia, con valori rispettivamente pari a 14,5% e 23,7%. L’indicatore varia dal 6% della Germania al 31,4% della Grecia. Se nella media Ue non si riscontrano differenze di genere, in Italia, l’indicatore femminile supera di oltre 3,5 punti percentuali quello maschile.
Il tasso di mancata partecipazione europeo diminuisce di 1,5 punti percentuali, rispetto al 2021, attestandosi al 9%; nonostante il calo più forte (-3,2%), l’Italia resta il Paese con il valore più elevato dell’indicatore (16,2%), seguito da Spagna (15,9%) e Grecia (14,8%).
NOTA: Nel corso del 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l'entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Ciò ha richiesto una ricostruzione della serie storica che, per l’Italia, è disponibile dal 2018 per la quasi totalità degli indicatori prodotti dall’indagine. Poiché tale ricostruzione non è disponibile e omogenea per tutti i Paesi, a livello europeo, il confronto al momento si limita solo agli indicatori ricostruiti e direttamente confrontabili.