Le statistiche sull’ambiente, per la centralità della materia di cui si occupano, sono oggetto di una crescente attenzione, soprattutto a seguito delle strategie europee, che sottolineano la necessità di integrare la dimensione ambientale con la dimensione sociale ed economica delle politiche e rafforzare la legislazione ambientale negli Stati membri nell’ottica di maggiori sforzi per la protezione ambientale. Gli indicatori proposti rappresentano un utile strumento per delineare lo stato dell’arte ed effettuare il monitoraggio degli sforzi posti in atto dalle amministrazioni pubbliche per la tutela dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.
In breve
- Nel 2021, in Italia, i rifiuti urbani prodotti tornano ad aumentare (+2,3%), mentre diminuisce la relativa quota di smaltimento in discarica, attestandosi al 19,0%; continua l’incremento della raccolta differenziata (+1,0%), che non ha ancora raggiunto il target stabilito dall’Ue.
- Nel 2022, continua a crescere la stima delle emissioni di gas serra totali (+0,9%). Nel 2021, con la ripresa della mobilità e delle attività economiche post COVID-19, le emissioni aumentano del 6,2%.
- Nel 2022, il 37% delle famiglie considera l’inquinamento dell’aria come uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano. Il 19,3% delle famiglie lamenta la presenza di odori sgradevoli.
- Nel 2020, i gestori delle fonti di approvvigionamento di acqua per uso potabile hanno complessivamente prelevato 9,2 miliardi di metri cubi (-0,4% rispetto al 2018).
- Nel 2020, le perdite idriche delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono pari al 42,2% del volume di acqua immessa in rete (corrispondenti a 3,4 miliardi di metri cubi) e si presentano stazionarie rispetto al 2018 (42,0%).
- Nel 2020, lo 0,1% della popolazione residente in Italia (quasi 65 mila abitanti) abita in 15 Comuni in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile, lo 0,7% (386 mila residenti) in comuni completamente privi del servizio di fognatura pubblica, mentre il 2,2 % (1,3 milioni) in comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
- Nel 2021, l’Italia ha quasi raggiunto l’obiettivo previsto dalla Direttiva Balneazione (2006/7/CE), con il 97,4 % delle acque di balneazione che presentano livelli di qualità almeno sufficiente (5.381 su 5.524 siti), anche se permane una minima quota che presenta qualità scarsa (1,8%) o non campionata (0,7%).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2021, in Italia, i rifiuti urbani prodotti ammontano a 29,6 milioni di tonnellate, in aumento (+2,3%) rispetto al 2020, analogamente alla produzione pro capite, pari a 500,9 Kg per abitante (+2,9%). La produzione dei rifiuti urbani, quindi, ritorna quasi al livello raggiunto nel periodo precedente alla crisi pandemica. Ciò dimostra che si è ancora lontani dal disaccoppiamento della produzione dei rifiuti dal ciclo economico, a cui mirano le politiche europee volte alla prevenzione e alla riduzione dei rifiuti e del relativo impatto ambientale, nell’ottica dell’economia circolare e della transizione ecologica prevista dal PNRR.
Rifiuti urbani in Italia - kg per abitante (numeri indice 2004 = 100)
In base alla direttiva 1999/31/Ce, finalizzata a salvaguardare l'ambiente e la salute umana, occorre rendere sempre più residuale la frazione di rifiuti conferita in discarica. Inoltre, la nuova direttiva Ue 2018/850 sulle discariche (pacchetto economia circolare), recepita dal D.lgs. n. 121/2020, prevede che, entro il 2035, lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non superi il 10%. Nel 2021, in Italia, i rifiuti urbani smaltiti in discarica costituiscono il 19,0% del totale dei rifiuti prodotti, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-5,6%). Tuttavia, ai sensi dell’art.5 bis del D.lgs. 36/2003 “regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi”, questo indicatore non è adatto per valutare il raggiungimento del target.
La raccolta differenziata rappresenta il 64,0% dei rifiuti urbani prodotti; la quota è in aumento di 1,0 punti percentuali, rispetto al 2020. Nonostante sia in continua crescita, non si è ancora raggiunto il target del 65%, obiettivo che si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012, secondo quanto previsto dal D.lgs. n. 152/2006.
Nel 2022, in Italia, si stima un incremento dello 0,9% delle emissioni di gas serra totali. I dati del 2021 indicano una crescita delle emissioni complessive di gas serra del 6,2% (dai 381.248 migliaia di tonnellate CO2 equivalente del 2020 a circa 404.849), da imputare alla riapertura delle attività economiche e alla ripresa della mobilità post COVID-19.
Nel 2020, anno della pandemia da COVID-19, le emissioni di tutti i gas serra sono riconducibili per il 78,4% al settore energia, settore maggiormente contributivo alle emissioni (-10,8 rispetto al 2019 e -29,7% rispetto al 1990). In termini di CO2 equivalente totale, il settore dei trasporti (28,6% del totale delle emissioni di energia) ha registrato una diminuzione del 19%, rispetto al 2019.
L’8,1% delle emissioni è da attribuire ai processi industriali (-8,6% rispetto al 2019 e -23,2% rispetto al 1990), l’8,6% al settore agricoltura (-11,4% rispetto al 1990) e il 4,9% al settore rifiuti (+7,7% rispetto al 1990), a causa dell’aumento delle emissioni da smaltimento in discarica (16,8%), che rappresentano il 76,6% delle emissioni dei rifiuti. In particolare, tra il 1990-2020, le emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas a effetto serra (che costituisce il 79,3% delle emissioni), sono diminuite del 31,2%. Anche nel 2021 si osserva il fenomeno del decoupling, ovvero la crescita delle pressioni ambientali dovute alle emissioni di gas serra aumenta meno di quelle economiche delineate dal Pil, rispettivamente del + 6,2% e del +7,3%. Nel secondo periodo di impegno (2013-2020) per la lotta alle emissioni di CO2 post Kyoto, nell’accordo di Doha, l’Ue si è impegnata a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 20% rispetto ai livelli del 1990; nel 2020, a livello Ue, la riduzione conseguita, rispetto al 1990, è del 31,9%. L’Italia, tra il 1990 e il 2020, ha ridotto le emissioni di gas ad effetto serra del 26,7%, passando dai 520 milioni di tonnellate di CO2 equivalente del 1990 ai 381 milioni del 2020.
L'inquinamento dell'aria continua a rappresentare uno dei principali problemi ambientali soprattutto in ambito urbano. Nel 2022, il 37,0% delle famiglie percepisce come inquinata l'aria della zona dove risiede, quasi un quinto delle famiglie lamenta invece la presenza di odori sgradevoli. Rispetto al 2021, aumenta di 2,2 punti percentuali la quota di famiglie che lamentano l'inquinamento dell'aria, e di 1,6 punti percentuali la percezione di odori sgradevoli nella zona dove si risiede.
Nel 2020, sul territorio Italiano, operano 1.619 enti gestori di fonti di approvvigionamento d’acqua per uso potabile (1.714 nel 2018), che prelevano complessivamente un volume di 9,2 miliardi di metri cubi, corrispondente a una produzione giornaliera di 25,1 milioni di metri cubi di acqua, pari a 422 litri per abitante. Rispetto al 2018, il quantitativo prelevato si riduce dello 0,4%: questa riduzione, seppur modesta, conferma nel 2020 il trend in diminuzione già registrato nel biennio precedente, dopo un periodo di continua crescita, tra il 1999 e 2015.
Nel 2020, i gestori delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono 1.965, 123 in meno, rispetto al 2018. Sono complessivamente immessi in rete 8,1 miliardi di metri cubi d’acqua (373 litri per abitante al giorno), a fronte di un volume erogato agli utenti finali di 4,7 miliardi di metri cubi (215 litri per abitante al giorno). Ne consegue che il volume delle perdite idriche totali, nella fase di distribuzione dell’acqua, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, pertanto il 42,2% dell’acqua immessa in rete non arriva agli utenti finali (42,0% nel 2018).
Nel 2020, si stima che l’88,7% dei residenti sia allacciato alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. Sono 40 i comuni dove il servizio è completamente assente, interessando lo 0,7% della popolazione (386 mila residenti). La depurazione delle acque reflue urbane è garantita da 18.042 impianti in esercizio, che trattano un carico inquinante medio effettivo annuo di quasi 68 milioni di abitanti equivalenti. Sono 296 i comuni completamente privi del servizio pubblico di depurazione, nei quali risiede il 2,2% della popolazione italiana.
Nel 2021 in Italia, le aree adibite alla balneazione sono complessivamente costituite da 5524 siti; di questi, 4.854 (87,9%) sono classificati con qualità delle acque eccellenti, 373 con classe buona (6,8%), 154 sufficiente (2,8%), 102 scarsa (1,8%), mentre sono 41 i siti con campionamenti insufficienti (0,7%). L’Italia è molto vicina all’obiettivo previsto dalla normativa Ue, che mira a garantire che tutti i siti delle acque di balneazione siano conformi alla qualità almeno sufficiente, aumentando il numero di quelle in classe buona ed eccellente, 5.381 siti (il 97,4% del totale monitorato). Rispetto al 2020, anno della pandemia da COVID-19, tutte le Regioni mostrano una diminuzione dei siti con qualità eccellente (da 4.891 a 4.854), tranne Marche, Molise e Puglia, dove aumentano.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2021, le tre Regioni con la produzione annua di rifiuti urbani pro capite più elevata sono: Emilia-Romagna (640,8 kg per abitante), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (600,1) e Toscana (598,0); di contro, quelle con la produzione pro capite più bassa sono: Calabria (408,2,4 kg per abitante), Molise (382,6) e Basilicata (355,7). Rispetto al 2020, i rifiuti urbani pro capite aumentano in tutte le Regioni e Province autonome, soprattutto a Trento, in Calabria, Sardegna e Marche, in cui crescono di oltre il 5%. Fa eccezione soltanto la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in cui si rileva un decremento dell’1,5%.
Per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non recuperabili, nonostante i principi di autosufficienza e di prossimità, previsti dall’art. 182-bis del D.lgs. 152/2006, bisogna tener presente che i dati sulla gestione regionale dei rifiuti sono influenzati da flussi extra-regionali, poiché rifiuti prodotti in una regione possono essere smaltiti anche in altre regioni. Nel 2021, le quote di smaltimento in discarica più elevate si hanno in Molise (90,4%), che però importa da altre regioni il 31,4% dei rifiuti da smaltire in discarica, in Sicilia (51,5%) e nelle Marche (50,1%). Le quote sono minime, invece, in Lombardia (3,6%), che esporta fuori regione il 38,1% dei propri rifiuti urbani da smaltire in discarica, e nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (1,4%). La Campania esporta in altre regioni tutti i rifiuti urbani destinati allo smaltimento in discarica.
Nel 2021, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta nella maggior parte delle regioni, tranne che in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo, in cui rimane pressoché stabile, e nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (-2,1 punti percentuali rispetto al 2020). Sono dieci (come nel 2020) le Regioni che raggiungono il target del 65% previsto dall’Ue per il 2012: Provincia autonoma di Trento (77,5%), Veneto (76,2%), Sardegna (74,9%), Lombardia (73,0%), Emilia-Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli-Venezia Giulia (67,9%), Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (67,1%), Umbria (66,9) e Piemonte (65,8%). In queste Regioni, risiede complessivamente il 50,3% della popolazione nazionale. Va segnalato che l’aumento più rilevante della percentuale di raccolta differenziata si ha nel Mezzogiorno (+2,2 punti percentuali, rispetto al 2020), che riduce quindi il divario, tuttora consistente, rispetto al Nord. In particolare, le Regioni meno virtuose sono Sicilia (46,9%), nonostante un incremento di 4,7 punti percentuali, rispetto al 2020, Calabria (53,1%) e Lazio (53,4%). L’incremento più elevato della raccolta differenziata (+6,4 punti percentuali) si registra in Basilicata.
Mediamente, in Italia, nel 2019, le emissioni pro capite di gas serra sono uguali a 7,0 tonnellate di CO2. Sardegna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sono le Regioni con il più alto valore di emissioni pro capite di gas serra, rispettivamente 12,1 e 10,6 tonnellate di CO2 per abitante, mentre la Campania mostra il valore più basso (3,3 tonnellate). Tra le ripartizioni, sono quelle del Nord ad avere le emissioni più consistenti (Nord-Est 8,1 e Nord-Ovest 7,5 tonnellate di CO2 equivalente per abitante); i valori scendono a 6,7 tonnellate nel Mezzogiorno e a 5,7 tonnellate al Centro, dove il livello più alto è in Umbria (7,8 tonnellate). Le Regioni del Mezzogiorno con emissioni pro capite più ridotte sono Campania (3,3 tonnellate) e Abruzzo (6,0 tonnellate). Rispetto all’anno 1990, quasi tutte le regioni mostrano una tendenza alla riduzione, tranne Basilicata e Molise, che le vedono crescere di quasi il doppio da 5,0 a 10,0 tonnellate di CO2. Le Regioni che in questo arco di tempo presentano le riduzioni pro capite più consistenti sono: Liguria, con una diminuzione del 65,4% e Lazio, con il 40,2%.
Le famiglie di Lombardia e Campania percepiscono maggiormente la presenza di inquinamento dell’aria nella zona in cui vivono (rispettivamente il 47,7% e il 43,4%); il problema degli odori sgradevoli è lamentato soprattutto dalle famiglie che vivono in Campania e Lazio (rispettivamente 28,6% e 23,6%).
La Lombardia, con 1,44 miliardi di metri cubi (15,6% del totale nazionale), è la Regione in cui si preleva il maggior volume di acqua per uso potabile, seguita da Lazio (1,15 miliardi di metri cubi; 12,5%) e Campania (0,90 miliardi di metri cubi; 9,8%). I volumi regionali pro capite, strettamente legati alla disponibilità della risorsa, presentano un range molto ampio, oscillando dai 115 litri per abitante al giorno della Puglia, ai 2.115 del Molise.
Nel 2020, l’erogazione dell’acqua per uso potabile si presenta eterogenea sul territorio italiano, dai 155 litri per abitante al giorno della Puglia, ai 438 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Fra le ripartizioni territoriali, nel Nord-Ovest si registra il volume maggiore (253 litri per abitante al giorno), mentre nelle Isole quello minore (186 litri per abitante al giorno).
Inoltre, nella metà delle regioni, le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al 42,2%, valore nazionale, e si presentano in aumento, rispetto al 2018.
Le situazioni più critiche si registrano nelle Regioni del Centro e del Mezzogiorno, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%).
Le Regioni del Nord hanno, nel complesso, il 34,6% di perdite totali in distribuzione e presentano tutte un valore dell’indicatore inferiore al dato nazionale, ad eccezione del Veneto (43,0%). In Friuli-Venezia Giulia (42,0%), l’indicatore è in linea con il dato nazionale. La Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si conferma la Regione con le perdite idriche totali minime (23,9%), sebbene aumentate di circa due punti percentuali, rispetto al 2018.
Tra le 15 Regioni bagnate dal mare, nel 2021, quella che rispetta gli standard più rigorosi (qualità eccellente) è la Puglia (99,9%), seguita a breve distanza dalla Regione Sardegna (97,3%), mentre l’Abruzzo è quella con la quota più bassa (71,9%). In quasi tutte le Regioni, si registra ancora una minima presenza di siti con acque scarse o non classificate, che impediscono il raggiungimento pieno dell’obiettivo della normativa dell’Ue. In Emilia-Romagna, Puglia, Basilicata e Molise, invece, si contano solo acque di qualità eccellente, buona e sufficiente.
Acque di balneazione con qualità eccellente - Anno 2021 (valori percentuali)
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2021, la stima della produzione media dei rifiuti urbani a livello Ue (27 Paesi) è pari a 530 kg per abitante (+1,7% rispetto all’anno precedente). Rispetto al 2020, i rifiuti urbani aumentano in circa la metà dei Paesi membri, compresa l’Italia, rimangono pressoché invariati in Portogallo e diminuiscono in sette Paesi membri, mentre non sono ancora disponibili i dati di Austria, Bulgaria, Grecia e Irlanda. Su ventiquattro Paesi membri, l’Italia si colloca all’undicesimo posto nella graduatoria crescente, con 501 kg per abitante.
Nel 2021, per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, i Paesi più virtuosi sono: Danimarca, Germania, Svezia, Belgio, Finlandia e Paesi Bassi. L’Italia presenta un valore (95 kg per abitante) ben al di sotto della media europea (121 kg), considerando i ventuno Paesi membri dei quali si conosce il dato.
Entro il 2020, come previsto dalla direttiva 2008/98/Ce, tutti i Paesi membri avrebbero dovuto conseguire il target del 50% per la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani. Nel 2021, sono cinque su ventidue i Paesi membri con tassi superiori alla media Ue, al primo posto la Germania col 71,1%. L'Italia ha raggiunto il 51,4% nel 2020, ultimo dato disponibile. Tuttavia, questo indicatore non è adatto per monitorare la conformità con l'obiettivo previsto dalla direttiva, ma piuttosto per valutare i progressi raggiunti dai Paesi membri rispetto al goal 11 degli SDGs (rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili).
La direttiva Ue 2018/851 ha posto nuovi obiettivi da conseguire, fissando nuovi target di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani: 55% entro il 2025, 60% entro il 2030, e 65% entro il 2035.
Tra il 1990 e il 2020, nei Paesi membri dell’Unione europea, le emissioni di gas serra sono diminuite del 26,2%. Nel dettaglio, 19 Paesi su 27, tra questi anche l’Italia con una riduzione del 26,7%, hanno raggiunto l’obiettivo post Kyoto (-20% delle emissioni, rispetto al 1990). Lussemburgo e Malta lo hanno quasi raggiunto (con emissioni maggiori del 17%), diversamente da Slovenia, Austria, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro. Le migliori performance in termini di riduzione delle emissioni si registrano nei Paesi dell’Europa dell’Est (Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia e Bulgaria), mentre quelle peggiori in Irlanda e Cipro, dove si registra un aumento.
Nell’ambito del Green Deal europeo, nel settembre 2020, la Commissione, ai fini della neutralità emissiva, ha proposto di elevare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 ad almeno il 55%, rispetto ai livelli del 1990, includendo nel conteggio anche gli assorbimenti di carbonio del settore uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della selvicoltura (LULUCF).
Nel 2020, l’Italia, con 9,2 miliardi di metri cubi, è al primo posto tra i Paesi Ue per il volume di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei, confermandosi in questa posizione ormai da più di un ventennio. In termini pro capite, l’Italia, con 155 metri cubi annui per abitante, si colloca in seconda posizione, preceduta dalla Grecia (158 metri cubi) e seguita a distanza da Bulgaria (118) e Croazia (113). Per l'approvvigionamento pubblico, la maggior parte degli Stati membri preleva tra 45 e 90 metri cubi di acqua dolce per persona. La maggior parte dei Paesi dell’Europa dell’Est si colloca alla base della graduatoria, sebbene il minimo si rilevi a Malta, con 28 metri cubi annui a persona.
L’Italia, con 215 litri per abitante al giorno, si conferma tra i Paesi con il maggior volume di acqua erogata per uso potabile e si colloca al quarto posto della graduatoria decrescente, dopo Irlanda (400 litri, dato fermo al 2011), Grecia (330 litri) e Cipro (276 litri), e poco sopra la Spagna (210 litri); in coda la Lettonia (104 litri).
Acqua erogata per uso potabile. Anno 2020 (litri per abitante al giorno)
Nel 2021, l’Ue registra un leggero incremento delle aree di balneazione (da 21.328 del 2020 ai 21.551 del 2021) rimanendo sostanzialmente stabile rispetto al 2019 (21.337 siti). I Paesi che incrementano maggiormente il numero dei siti adibiti alla balneazione sono Polonia, Grecia e Spagna.
L’Italia è il Paese dell’Ue con il maggior numero di aree balneabili (5.520 siti), il 25,6% del totale delle acque balneabili della Ue; seguono, nella graduatoria, Francia (3.335 siti), Germania (2.291) e Spagna (2.261).
L’Italia si colloca al dodicesimo posto (87,9% dei siti) nella classifica degli Stati membri che hanno valori percentuali superiori alla media europea delle acque di balneazione con qualità eccellente (84,8%). L’Italia detiene il maggior numero di siti con balneabilità eccellente (4.854 siti), il 26,6% delle aree con tale status dell’intera Ue (18.269 siti complessivi). L’Italia è seguita nella graduatoria da Francia (2.540 siti), Germania (2.071), Spagna (1.975) e Grecia (1.612). La nuova direttiva europea 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano richiede a tutti gli Stati membri di adottare, entro il 2023, alcune misure volte a garantire la protezione della salute, migliorando l’accesso universale a tali acque. Tali misure dovrebbero rafforzare la fiducia dei cittadini europei nell’utilizzo dell’acqua dal rubinetto, disincentivando di conseguenza il consumo di acqua in bottiglia, con ulteriori importanti ricadute ambientali, quali la riduzione dei rifiuti di plastica e delle emissioni di gas serra.