In un ordinamento democratico, l’istruzione e la formazione delle persone rappresentano ambiti di particolare importanza, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza, sia per la valorizzazione del capitale umano. I titoli di studio più elevati sono associati a maggiori opportunità di lavoro, più alte retribuzioni, migliori condizioni di salute e maggiore impegno sociale dell’individuo, con ricadute positive sull’intera collettività. Il miglioramento del livello di istruzione e formazione ha assunto, pertanto, un ruolo fondamentale nelle politiche economiche e sociali dell’Unione europea, fino a costituire parte integrante di Europa 2020, la strategia decennale per la crescita e l’occupazione, varata nel 2010 dall’Ue, con l’obiettivo di creare le condizioni per uno sviluppo intelligente, sostenibile e solidale. Segue ora un nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, che definisce i livelli di riferimento medi europei da raggiungere nel 2030, ai quali ogni Stato Membro dovrà contribuire.
In breve
- Nel 2022, la spesa pubblica per istruzione rappresenta il 4,1% del Pil, a fronte di una media Ue del 4,7%.
- Nel 2023, la quota di adulti che hanno come titolo più elevato la licenza media inferiore è stimata pari al 34,8%, con una prevalenza della componente maschile (37,3%), rispetto a quella femminile (32,3%).
- Nel 2023, la percentuale di giovani con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato precocemente gli studi è pari a 10,5%. Nel Mezzogiorno, l’incidenza raggiunge il 14,6%.
- Nel 2023, il 30,6% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha conseguito un titolo di studio terziario. Il divario di genere è molto ampio e a favore delle femmine (37,1%, rispetto al 24,4% dei maschi).
- Nel 2023, i NEET (i giovani che non lavorano e non studiano) sono stimati al 16,1% della popolazione, con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni. Nel Mezzogiorno, l’incidenza è più che doppia rispetto al Centro-Nord.
- Nel 2023, la partecipazione degli adulti alle attività formative interessa l’11,6% della popolazione tra i 25 e i 64 anni; in aumento di due punti percentuali, rispetto al valore del 2022.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
La spesa in istruzione permette di valutare le politiche attuate in materia di crescita e valorizzazione del capitale umano. Nel 2022, in Italia, l’incidenza della spesa pubblica in istruzione rappresenta il 4,1% del Pil.
Negli anni, si è registrato un progressivo miglioramento del livello di istruzione delle persone tra i 25 e i 64 anni. Nel 2023, la percentuale di adulti poco istruiti è del 34,8%, con una quota di popolazione che ha conseguito, al più, il titolo di licenza media prevalente nella componente maschile (37,3%), rispetto a quella femminile (32,3%).
Adulti con istruzione secondaria inferiore e 25-34enni con istruzione universitaria (valori percentuali)
In Italia, nel 2023, tra i 18 e i 24 anni d’età, la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 10,5%, in calo rispetto alla stima del 2022. Il benchmark europeo per il 2030 è fissato al 9% dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. L’abbandono precoce degli studi caratterizza più i ragazzi (13,1%) delle ragazze (7,6%).
Nel 2023, la quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, è pari al 30,6%. Il divario di genere è molto ampio e a favore delle femmine (37,1%, rispetto al 24,4% dei maschi). Per l’Italia, il valore è ancora molto lontano dall’obiettivo medio europeo stabilito per il 2030 dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (almeno il 45%, nella classe di età 25-34 anni).
Nel 2021, in Italia, il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani, nella fascia di età tra i 20 ed i 24 anni, sale dal 37,4% al 38,3%.
Nel 2023, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (i cosiddetti NEET) sulla popolazione di età tra i 15 e i 29 anni è stimata al 16,1% ed è più elevata tra le femmine (17,8%), che tra i maschi (14,4%).
Infine, nel 2023, la partecipazione degli adulti alle attività formative - fondamentale per favorire l’occupabilità degli individui e la loro vita sociale e relazionale - interessa l’11,6% della popolazione italiana nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni, in particolare, l’11,3% della componente maschile e l’11,8% di quella femminile. La quota è aumentata di due punti percentuali, rispetto al valore del 2022.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Le Regioni mostrano sostanziali differenze riguardo la spesa in istruzione. Tra le ripartizioni, nel 2021, il Mezzogiorno presenta la maggiore incidenza sul Pil (5,7%), mentre la più bassa si registra nel Nord-Ovest (2,7%).
Nel 2023, la percentuale di adulti poco istruiti raggiunge il 42,6% nel Mezzogiorno, a fronte del 30,8% nel Centro-Nord; tra le Regioni, Puglia, Sicilia e Sardegna raggiungono i massimi valori (rispettivamente, 44,4%, 45,3% e 45,4%).
Nonostante i progressi degli ultimi anni, per quanto riguarda gli abbandoni scolastici, il divario territoriale rimane elevato, con una distanza di 6,5 punti percentuali tra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove l’incidenza raggiunge il 14,6%. Tra le Regioni, la percentuale più alta di giovani che abbandonano gli studi, senza aver conseguito un titolo secondario superiore, si registra in Sicilia (17,1%) e in Sardegna (17,3%).
Anche la percentuale di giovani in possesso di un titolo di studio terziario è differenziata sul territorio. Nel 2023, il divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno è di 8,6 punti percentuali, nella classe di età 25-34 anni. Con riferimento alla medesima classe, nel Centro-Nord, la quota di laureati è del 33,7%, mentre scende al 25,1% nel Mezzogiorno, dove Puglia e Sicilia registrano i valori più bassi (rispettivamente, 22,8% e 21,8%,). Il forte divario territoriale permane per entrambi i generi.
Nel 2021, i tassi di partecipazione al sistema formativo dei giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni restano molto differenziati tra le ripartizioni geografiche (con valori superiori nel Centro) e anche tra le Regioni. L’Emilia-Romagna ha il valore più alto (53,9%), seguita dal Lazio (53,5%). Valori inferiori alla media si registrano per tutte le Regioni del Mezzogiorno (con la sola eccezione dell’Abruzzo), per tre Regioni del Nord (Veneto, Liguria e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste) e per la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.
Nel 2023, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (NEET) è del 11,2% nel Centro-Nord e del 24,7% nel Mezzogiorno. L’incidenza dei NEET, più che doppia nel Mezzogiorno, rimarca il divario territoriale molto ampio presente che caratterizza questo fenomeno. Valori superiori alla media nazionale si registrano solamente nelle regioni del Mezzogiorno (con la sola eccezione dell’Abruzzo). I valori più bassi si registrano nelle Province autonome di Bolzano/Bozen (8,0%) e Trento (9,7%).
Giovani che non lavorano e non studiano. Anno 2023 (Valori percentuali)
Infine, la partecipazione degli adulti alle attività formative è maggiore nelle aree del Centro-Nord (13,0%) rispetto a quelle del Mezzogiorno (8,7%), dove i valori più bassi si registrano in Puglia (8,5%), Campania (8,3%), Calabria (7,8%) e Sicilia (7,0%).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2022, nell’Unione Europea, l’incidenza sul Pil della spesa pubblica in istruzione è del 4,7% ed è superiore rispetto a quella registrata in Italia (4,1). Svezia, Belgio e Estonia mostrano la quota di spesa più elevata, Irlanda e Romania la più ridotta.
Spesa pubblica per l'istruzione e la formazione. Anno 2022 (in percentuale del Pil)
Nel 2021, in Italia, il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani tra i 20 e 24 anni di età è pari a 38,3%, inferiore rispetto a quello registrato nella media Ue27 (44,8%) sia nei più grandi Paesi dell’Unione (51,6%, 48,2% e 40,1%, rispettivamente in Germania, Spagna e Francia), sia nella maggioranza dei restanti Paesi Ue.
Nel 2022, in Italia, per quanto riguarda i livelli di istruzione della popolazione, la percentuale di adulti poco istruiti è del 37,0%, valore decisamente superiore a quello medio dell’Ue (20,5%) e la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 11,5%, superiore alla media Ue27 (9,6%). Su questi due indicatori, l'Italia si trova rispettivamente al penultimo e quintultimo posto nella graduatoria dei Paesi Ue.
Nel 2022, la percentuale di giovani in possesso di un titolo di studio terziario è del 29,2% nella classe di età tra i 25 e di 34 anni; mentre la media europea è del 42,0%. L’Italia è in penultima posizione nella graduatoria discendente dei Paesi Ue, seguita solo dalla Romania; tredici Paesi hanno invece già superato il nuovo target del 45%, fissato per il 2030.
Nel 2022, riguardo alla percentuale dei giovani che non lavorano e non studiano (NEET) l’Italia, con una quota del 19,0%, detiene il secondo valore più elevato tra i Paesi dell’Unione, superiore di circa 7 punti percentuali in più rispetto alla media europea (11,7%). Al primo posto nella graduatoria, si trova la Romania (19,8%).
Infine, anche per l’indicatore sulla partecipazione degli adulti ad attività formative, l’Italia presenta valori più bassi della media europea (9,6% a fronte di 11,9%). Insieme ai Paesi Bassi (26,4%), i Paesi scandinavi si confermano quelli con le percentuali più elevate (Svezia con 36,2%, Danimarca 27,9%, Finlandia 25,2%). I valori minimi si registrano in Bulgaria, Grecia, Croazia e Romania.