In un ordinamento democratico, l’istruzione e la formazione delle persone rappresentano ambiti di particolare importanza, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza, sia per la valorizzazione del capitale umano. I titoli di studio più elevati sono associati a maggiori opportunità di lavoro, più alte retribuzioni, migliori condizioni di salute e maggiore impegno sociale dell’individuo, con ricadute positive sull’intera collettività. Il miglioramento del livello di istruzione e formazione ha assunto, pertanto, un ruolo fondamentale nelle politiche economiche e sociali dell’Unione europea, fino a costituire parte integrante di Europa 2020, la strategia decennale per la crescita e l’occupazione, varata nel 2010 dall’UE, con l’obiettivo di creare le condizioni per uno sviluppo intelligente, sostenibile e solidale. Segue ora un nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione, che definisce i livelli di riferimento medi europei da raggiungere nel 2030, ai quali ogni stato membro dovrà contribuire.
In breve
- Nel 2023, la spesa pubblica per istruzione rappresenta il 3,9 per cento del Pil, a fronte di una media UE del 4,7 per cento.
- Nel 2024, la quota di adulti che hanno come titolo più elevato la licenza media inferiore è stimata pari al 33,6 per cento, con una prevalenza della componente maschile (36,2 per cento), rispetto a quella femminile (30,9 per cento).
- Nel 2024, la percentuale di giovani con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, che hanno abbandonato precocemente gli studi, è pari a 9,8 per cento. Nel Mezzogiorno, l’incidenza raggiunge il 12,4 per cento.
- Nel 2024, il 31,6 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha conseguito un titolo di studio terziario. Il divario di genere è molto ampio e a favore delle femmine (38,5 per cento, rispetto al 25,0 per cento dei maschi).
- Nel 2024, i NEET (i giovani che non lavorano e non studiano) sono stimati al 15,2 per cento della popolazione, con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni. Nel Mezzogiorno, l’incidenza è più che doppia rispetto al Centro-nord.
- Nel 2023, la partecipazione degli adulti alle attività formative interessa l’11,6 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni, in aumento di due punti percentuali, rispetto al valore del 2022.
ITALIA
uno sguardo d'insieme
La spesa in istruzione permette di valutare le politiche attuate in materia di crescita e valorizzazione del capitale umano. Nel 2023, in Italia, l’incidenza della spesa pubblica in istruzione rappresenta il 3,9 per cento del Pil.
Negli anni, si è registrato un progressivo miglioramento del livello di istruzione delle persone tra i 25 e i 64 anni. Nel 2024, la percentuale di adulti poco istruiti è del 33,6 per cento, con una quota di popolazione che ha conseguito, al più, il titolo di licenza media, prevalente nella componente maschile (36,2 per cento), rispetto a quella femminile (30,9 per cento).
Adulti con istruzione secondaria inferiore e 25-34enni con istruzione universitaria (valori percentuali)
In Italia, nel 2024, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 9,8 per cento, in calo rispetto alla stima del 2023. Il benchmark europeo per il 2030 è fissato al 9 per cento dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. L’abbandono precoce degli studi caratterizza più i ragazzi (12,2 per cento) delle ragazze (7,1 per cento).
Nel 2024, la quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, è pari al 31,6 per cento. Il divario di genere è molto ampio e a favore delle femmine (38,5 per cento, rispetto al 25 per cento dei maschi). Per l’Italia, il valore è ancora molto lontano dall’obiettivo medio europeo stabilito per il 2030 dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (almeno il 45 per cento, nella classe di età 25-34 anni).
Nel 2022, in Italia, il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani, nella fascia di età tra i 20 ed i 24 anni, sale dal 38,3 per cento al 38,9 per cento.
Nel 2024, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (i cosiddetti NEET), sulla popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni, è stimata al 15,2 per cento ed è più elevata tra le femmine (16,6 per cento), che tra i maschi (13,8 per cento).
Infine, nel 2023, la partecipazione degli adulti alle attività formative - fondamentale per favorire l’occupabilità degli individui e la loro vita sociale e relazionale - interessa l’11,6 per cento della popolazione italiana nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni, in particolare, l’11,3 per cento della componente maschile e l’11,8 per cento di quella femminile. La quota è aumentata di due punti percentuali, rispetto al valore del 2022.
NOTA: A settembre 2024, le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” e nella sezione “ITALIA” relativi all’anno 2023 corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece, per la corrente edizione di “Noi Italia”, non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat; per i dati riportati nella sezione “REGIONI”, l’ultimo anno disponibile è il 2021 e si riferisce alle serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Le regioni mostrano sostanziali differenze riguardo la spesa in istruzione. Tra le ripartizioni, nel 2021, il Mezzogiorno presenta la maggiore incidenza sul Pil (5,7 per cento), mentre la più bassa si registra nel Nord-ovest (2,7 per cento).
Nel 2024, la percentuale di adulti poco istruiti è più alta nel Mezzogiorno (41,3 per cento) rispetto al Centro-Nord (29,6 per cento); tra le regioni, Sicilia, Sardegna e Puglia mostrano i massimi valori (rispettivamente, 44,1 per cento, 43,7 per cento e 43,2 per cento).
Nonostante i progressi degli ultimi anni, per quanto riguarda gli abbandoni scolastici, il divario territoriale rimane elevato, con un divario di 4,1 punti percentuali tra Centro-nord e Mezzogiorno, dove l’incidenza raggiunge il 12,4 per cento. Tra le regioni del Mezzogiorno, la percentuale più alta di giovani che abbandonano gli studi, senza aver conseguito un titolo secondario superiore, si registra in Sicilia (15,2 per cento) e in Sardegna (14,5 per cento).
La percentuale di giovani in possesso di un titolo di studio terziario è differenziata sul territorio. Nel 2024, il divario tra Centro-nord e Mezzogiorno è di 8,8 punti percentuali, nella classe di età 25-34 anni. Con riferimento alla medesima classe, nel Centro-nord, la quota di laureati è del 34,7 per cento, mentre scende al 25,9 per cento nel Mezzogiorno, dove Puglia e Sicilia registrano i valori più bassi (rispettivamente, 24,4 per cento e 23,2 per cento). Il forte divario territoriale permane per entrambi i generi.
Nel 2022, i tassi di partecipazione al sistema formativo dei giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni restano molto differenziati tra le ripartizioni geografiche (con valori superiori nel Centro) e tra le regioni. Il Lazio ha il valore più alto (57,5 per cento), seguito dall’Emilia Romagna (55,3 per cento). Valori inferiori alla media si registrano per tutte le regioni del Mezzogiorno (con l’eccezione di Abruzzo e Campania), per quattro regioni del Nord (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Liguria e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste), per le Marche e per la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.
Nel 2024, la quota di giovani che non lavorano e non studiano (NEET) è del 10,7 per cento nel Centro-nord e del 23,3 per cento nel Mezzogiorno. L’incidenza dei NEET, più che doppia nel Mezzogiorno, evidenzia il divario territoriale molto ampio che caratterizza questo fenomeno. I valori superiori alla media nazionale si registrano solamente nelle regioni del Mezzogiorno. I valori più bassi si registrano nelle Province autonome di Bolzano/Bozen (8,0 per cento) e Trento (7,3 per cento).
Giovani che non lavorano e non studiano. Anno 2024 (Valori percentuali)
Infine, nel 2023, la partecipazione degli adulti alle attività formative è maggiore nelle aree del Centro-nord (13,0 per cento), rispetto a quelle del Mezzogiorno (8,7 per cento), dove i valori più bassi si registrano in Puglia (8,5 per cento), Campania (8,3 per cento), Calabria (7,8 per cento) e Sicilia (7,0 per cento).
NOTA: A settembre 2024, le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” e nella sezione “ITALIA”, relativi all’anno 2023, corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece, per la corrente edizione di “Noi Italia” non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat; per i dati riportati nella sezione “REGIONI” l’ultimo anno disponibile è il 2021 e si riferisce alle serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2023, nell’Unione Europea, l’incidenza sul Pil della spesa pubblica in istruzione è del 4,7 per cento ed è superiore rispetto a quella registrata in Italia (3,9). Svezia, Belgio, Estonia e Finlandia mostrano la quota di spesa più elevata, Irlanda e Romania la più ridotta.
Spesa pubblica per l'istruzione e la formazione. Anno 2023 (in percentuale del Pil)
Nel 2022, in Italia, il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani tra i 20 e 24 anni di età è pari a 38,9 per cento, inferiore rispetto a quello registrato nella media UE27 (45,1 per cento) sia nei più grandi paesi dell’Unione (51,5 per cento in Germania; 47,7 per cento, in Spagna; 40,1 per cento, in Francia) sia nella maggioranza dei restanti paesi UE.
Nel 2023, in Italia, per quanto riguarda i livelli di istruzione della popolazione, la percentuale di adulti poco istruiti è del 34,5 per cento, valore decisamente superiore a quello medio dell’UE (20,2 per cento) e la percentuale di giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi è del 10,5 per cento, superiore alla media UE27 (9,5 per cento). in riferimento a questi due indicatori, l'Italia si trova rispettivamente al terzultimo e quintultimo posto nella graduatoria dei paesi UE.
Nel 2023, la percentuale di giovani in possesso di un titolo di studio terziario è del 30,6 per cento nella classe di età tra i 25 e di 34 anni, mentre la media europea è del 43,1 per cento. L’Italia è in terzultima posizione nella graduatoria discendente dei paesi UE, seguita solo da Romania e Ungheria; tredici paesi hanno invece già superato il nuovo target del 45 per cento, fissato per il 2030.
Nel 2023, riguardo alla percentuale dei giovani che non lavorano e non studiano (NEET) l’Italia, con una quota del 16,1 per cento, mostra il secondo valore più elevato tra i paesi dell’Unione, superiore di circa 5 punti percentuali rispetto alla media europea (11,2 per cento). Al primo posto, nella graduatoria, si trova la Romania (19,3 per cento).
Infine, per l’indicatore sulla partecipazione degli adulti ad attività formative, l’Italia presenta ancora un valore inferiore alla media europea (11,6 per cento, a fronte di 12,8 per cento). Insieme ai Paesi Bassi (26,4 per cento), i paesi scandinavi si confermano quelli con le percentuali più elevate (Svezia con 38,8 per cento, Danimarca 30,5 per cento, Finlandia 26,1 per cento). I valori minimi si registrano in Bulgaria, Grecia, Croazia e Romania.
NOTA: A settembre 2024, le serie storiche dei conti economici nazionali sono state oggetto di una revisione generale finalizzata a introdurre miglioramenti dei metodi di misurazione di componenti e variabili specifiche, derivanti anche dall’utilizzo di fonti informative più aggiornate o, in alcuni casi, del tutto nuove. I dati per l’Italia riportati nella sezione “EUROPA” e nella sezione “ITALIA”, relativi all’anno 2023, corrispondono alle serie dei Conti economici nazionali pubblicate nel mese di settembre 2024, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2020. Invece, per la corrente edizione di “Noi Italia” non sono ancora disponibili le nuove serie regionali di fonte Istat; per i dati riportati nella sezione “REGIONI” l’ultimo anno disponibile è il 2021 e si riferisce alle serie dei Conti economici territoriali pubblicate a dicembre 2023, dove i valori concatenati hanno come anno di riferimento il 2015.