Le statistiche sull’ambiente, per la centralità della materia di cui si occupano, sono oggetto di una crescente attenzione, soprattutto a seguito delle strategie europee orientate alla necessità di integrare la dimensione ambientale con la dimensione sociale ed economica nelle politiche pubbliche, rafforzando la legislazione ambientale negli stati membri, nell’ottica di un impegno condiviso per la protezione dell’ambiente. Gli indicatori proposti rappresentano un utile strumento per delineare lo stato dell’arte ed effettuare il monitoraggio delle iniziative messe in atto dalle amministrazioni pubbliche per la tutela dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.
In breve
- Nel 2023, in Italia, si registra un lieve aumento della produzione di rifiuti urbani (+0,7 per cento), ma continua l’incremento della raccolta differenziata (+1,5 punti percentuali) che raggiunge il 66,6 per cento. Diminuisce la quota di smaltimento in discarica, pari al 15,8 per cento (-2,0 punti percentuali).
- Nel 2023, rispetto all’anno precedente, le emissioni di gas serra derivanti dal sistema economico italiano (sul territorio italiano e all’estero) generate da famiglie e attività produttive residenti in Italia si riducono e sono pari a 399 milioni di tonnellate di CO2.
- Nel 2023, anche le emissioni di gas serra generate sul territorio italiano (da unità residenti e non residenti) risultano in calo rispetto all’anno precedente (-7,3 per cento), dopo la stabilità registrata nel 2022 (+0,2 per cento) e diminuiscono del 26 per cento rispetto al 1990.
- Nel 2024, il 40,6 per cento delle famiglie considera l’inquinamento dell’aria come uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano (l’indicatore raggiunge il 67,6 per cento nei comuni centro dell'area metropolitana). Il 19,9 per cento delle famiglie lamenta la presenza di odori sgradevoli.
- Nel 2022, i gestori delle fonti di approvvigionamento di acqua per uso potabile hanno complessivamente prelevato 9,14 miliardi di metri cubi (-0,5 per cento, rispetto al 2020).
- Nel 2022, le perdite idriche totali delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono pari al 42,4 per cento del volume di acqua immessa in rete, in leggero aumento, se confrontato con il dato del 2020 (42,2 per cento) e del 2018 (42,0 per cento). Si stima che l’acqua dispersa in distribuzione soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno.
- Nel 2022, lo 0,1 per cento della popolazione totale (circa 58 mila abitanti) risiede in 13 comuni in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile; lo 0,7 per cento (397 mila residenti) in 41 comuni in cui è completamente assente il servizio pubblico di fognatura, mentre, nel 2020, il 2,2 per cento (1,3 milioni) risiede in 296 comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
- Nel 2023, in Italia, il 90,3 per cento delle acque di balneazione è di qualità eccellente (89,6 per cento nel 2022), anche se permane una minima quota che presenta qualità scarsa (1,3 per cento) o non campionata (0,8 per cento).
- Nel 2023, i rifiuti marini spiaggiati sono pari a 250 rifiuti per ogni cento metri di spiaggia (303 rifiuti/100 m, nel 2022), un valore lontano dal benchmark fissato dalla Commissione europea (20 rifiuti/100 m).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2023, in Italia, i rifiuti urbani prodotti ammontano a 29,3 milioni di tonnellate, dato in lieve aumento rispetto al 2022 (+0,7 per cento), analogamente al valore della produzione pro capite, pari a 496,2 kg per abitante (+4,0 kg per abitante). Le politiche europee di prevenzione e riduzione dei rifiuti e del relativo impatto ambientale mirano al disaccoppiamento tra produzione dei rifiuti e ciclo economico. Tuttavia, a differenza dell’anno precedente, la produzione di rifiuti urbani è ancora correlata ai principali indicatori economici, registrando un incremento pari a quello rilevato sul Pil.
Rifiuti urbani in Italia - kg per abitante (numeri indice 2004 = 100)
La Direttiva 1999/31/CE, finalizzata a salvaguardare l'ambiente e la salute umana, stabilisce che occorre progressivamente rendere residuale la frazione di rifiuti conferita in discarica. Inoltre, la nuova Direttiva UE 2018/850 sulle discariche (“pacchetto economia circolare”), recepita dal D.lgs. n. 121/2020, prevede che, entro il 2035, lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non superi il dieci per cento. Nel 2023, in Italia, la quota di rifiuti urbani smaltiti in discarica continua a diminuire e costituisce il 15,8 per cento del totale dei rifiuti prodotti (-2,0 punti percentuali, rispetto all’anno precedente). Tuttavia, questo indicatore non viene usato per valutare il raggiungimento del target, in quanto non è calcolato applicando la metodologia basata sui criteri previsti dall’art.5 bis del D.lgs. 36/2003 “regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi”.
La raccolta differenziata rappresenta il 66,6 per cento dei rifiuti urbani prodotti; rispetto al 2022, la quota è in aumento di 1,5 punti percentuali, superando, per il secondo anno consecutivo, il target del 65 per cento, obiettivo che si sarebbe dovuto conseguire entro il 2012, secondo quanto previsto dal D.lgs. n. 152/2006.
Nel 2023, le emissioni di gas serra, generate in Italia e all’estero da famiglie e attività produttive residenti in Italia, si riducono del 5,3 per cento, mentre nel 2022 erano stabili, rispetto all’anno precedente. Nel 2022, le emissioni atmosferiche acidificanti e di precursori dell’ozono troposferico, causate dalle unità residenti, registrano una riduzione sull’anno precedente, pari, rispettivamente, al -7,4 per cento e -2,9 per cento.
Nel 2023, sono in flessione (-7,3 per cento) anche le emissioni di gas serra generate sul territorio italiano (da unità residenti e non residenti), secondo l’inventario nazionale delle emissioni (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC), Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, conosciuta anche come “accordi di Rio”. Nel 2022, le emissioni di gas serra sul territorio sono in leggero aumento, rispetto al 2021 (+0,2 per cento), passando da 412 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 413. Rispetto al 1990, si registra un significativo decremento (-26 per cento) da ascrivere alla diminuzione dei consumi registrata negli ultimi anni e a quella delle emissioni del settore energetico (-21 per cento), che contribuisce all’80 percento delle emissioni complessive. Nel 2022, oltre al settore energetico, le emissioni di gas serra generate sul territorio sono riconducibili anche ad altri settori: ai processi industriali (-6,6 per cento, rispetto al 2021 e -37,8 per cento, rispetto al 1990), per il 5,7 per cento; all’agricoltura (-18,9 per cento, rispetto al 1990) per il 7,4 per cento; al settore dei rifiuti (+5,6 per cento, rispetto al 1990) per il 4,9 per cento, da attribuire alla quota di rifiuti che ancora oggi viene smaltita in discarica.
Gli obiettivi del Green Deal europeo per il 2030, per ciascun paese membro, sono due: il primo è legato ai settori non soggetti all’Emission Trading System- non-ETS (principalmente il settore dei trasporti, del civile, dell'agricoltura, dei rifiuti e della piccola industria), per i quali è stata fissata una riduzione delle emissioni pari al 40 per cento, rispetto al 2005; il secondo è legato al sistema di scambio di quote di emissione e considera i settori industriali ad alta intensità energetica soggetti all’Emission Trading System- ETS, per i quali la riduzione dovrà essere pari al 62 per cento, rispetto al 2005. Al momento, a livello di singolo paese, sono stati stabiliti obiettivi solo per il settore non-ETS e prevedono per l’Italia una riduzione del 43,7 per cento delle emissioni, rispetto ai livelli del 2005.
L'inquinamento dell'aria continua a rappresentare uno dei principali problemi ambientali, soprattutto in ambito urbano. Nel 2024, il 40,6 per cento delle famiglie percepisce come inquinata l'aria della zona dove risiede e quasi un quinto delle famiglie lamenta la presenza di odori sgradevoli. Rispetto al 2023, gli indicatori non subiscono variazioni rilevanti.
I servizi idrici per uso civile sono ancora molto frammentati dal punto di vista gestionale, soprattutto nelle aree del territorio in cui non è stato completato l’affidamento del Servizio idrico integrato ad un unico gestore dalla captazione alla depurazione: nel 2022, si contano 2.110 gestori, di cui 1.738 in economia (82,4 per cento), ovvero Comuni ed Enti Locali, e 372 gestori specializzati (17,6 per cento). Rispetto al 2020, si è registrata una riduzione pari all’11,8 per cento (281). Flessione che prosegue ormai da oltre un ventennio e che, dall’analisi dei dati riferiti al triennio 2022-2024, sembra in fase di consolidamento, anche in alcune aree dove risulta più lenta l’attuazione del processo di riforma del servizio idrico.
Nel 2022, in Italia, il volume di acqua prelevata per uso potabile è pari a 9,14 miliardi di metri cubi, con un prelievo giornaliero di 25,0 milioni di metri cubi (424 litri per abitante al giorno), reso possibile da una fitta rete di approvvigionamento composta da circa 37.400 punti di prelievo distribuiti su tutto il territorio nazionale. Dei 1.492 enti che gestiscono l’approvvigionamento di acqua per uso potabile, la quota di quelli specializzati, pari al 20,6 per cento (308), ha prelevato il 91,1 per cento del totale (circa 8,3 miliardi di metri cubi). Rispetto al 2020, il volume di acqua prelevata si è ridotto dello 0,5 per cento, confermando il trend in diminuzione registrato dal 2015 (-3,6 per cento).
Nel 2022, si riducono complessivamente sia il volume di acqua immessa in rete sia il volume di acqua erogata agli utenti finali, pari, rispettivamente, a 8,0 miliardi di metri cubi d’acqua (-1,4 per cento rispetto al 2020), corrispondenti a 371 litri per abitante al giorno, e a 4,6 miliardi di metri cubi di acqua (-1,6 per cento, rispetto al 2020), corrispondenti a 214 litri per abitante al giorno. Il volume delle perdite idriche totali, nella fase di distribuzione dell’acqua, corrisponde a 3,4 miliardi di metri cubi, pertanto il 42,4 per cento dell’acqua immessa in rete non arriva agli utenti finali (42,2 per cento, nel 2020). Si stima che l’acqua dispersa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (un numero di utenti pari a circa il 75 per cento della popolazione italiana). Nel 2022, lo 0,1 per cento della popolazione totale (circa 58 mila abitanti) risiede in 13 comuni, in cui è completamente assente il servizio pubblico di distribuzione dell’acqua potabile.
Nel 2022, la percentuale di popolazione residente servita dalla rete fognaria pubblica è pari all’88,8 per cento, un dato sostanzialmente stabile a livello nazionale, rispetto al 2020 (88,7 per cento). Di contro, si contano circa 6,6 milioni di residenti non allacciati alla rete. I comuni dove il servizio pubblico di fognatura risulta completamente mancante sono 41 (397 mila residenti). Nel 2020, il 2,2 per cento degli abitanti (1,3 milioni) risiede in 296 comuni completamente privi del servizio di depurazione delle acque reflue urbane.
Nel 2023, in Italia, le aree adibite alla balneazione sono complessivamente costituite da 5.533 siti; di questi, 4.996 (90,3 per cento) sono classificati con qualità delle acque eccellenti, 318 con qualità buona (5,7 per cento), 105 sufficiente (1,9 per cento), 72 scarsa (1,3 per cento), mentre sono 42 i siti con campionamenti insufficienti (0,8 per cento). L’Italia è molto vicina all’obiettivo previsto dalla normativa UE (5.419 siti; il 97,9 per cento del totale monitorato) che mira a garantire che tutti i siti delle acque di balneazione siano conformi alla qualità almeno sufficiente, aumentando il numero di quelle in classe buona ed eccellente. Rispetto al 2022, la quota dei siti con qualità eccellente è passata dall’89,6 per cento al 90,3 per cento, incremento dovuto al miglioramento della qualità delle acque dei siti di balneazione passati dalla classe scarsa, sufficiente e buona a quella eccellente (da 4.952 a 4.996).
Nel 2023, i rifiuti marini spiaggiati sono, in media, 250 ogni cento metri di spiaggia (303, nel 2022), una densità superiore alla soglia stabilita dalla Commissione europea (20 rifiuti/100 metri). Tra il 2015 e il 2023, si osserva una flessione dell’indicatore, passato dai 518 oggetti rinvenuti, ogni cento metri di spiaggia, ai 250, con una diminuzione più consistente, tra il 2019 e il 2020 (-102 rifiuti/100 metri), legata, da una parte, all’implementazione di misure per la riduzione della plastica, dall’altra, alla diminuzione delle attività, dovuta alla pandemia.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2023, le tre regioni con la produzione annua di rifiuti urbani pro capite più elevata sono, come per l’anno precedente: Emilia-Romagna (640,7 kg per abitante), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (620,4) - entrambe in aumento, rispettivamente, di 8,0 e 5,8 kg per abitante - e Toscana (586,2), il cui valore diminuisce di 1,6 kg per abitante. Di contro, quelle con la produzione pro capite più bassa sono, come per il 2022: Calabria (396,7 kg per abitante; -2,8 kg per abitante, rispetto al 2022), Molise (379,2; +6,6) e Basilicata (355,5; -0,1). Rispetto al 2022, i rifiuti urbani pro capite aumentano in più della metà delle regioni e province autonome, soprattutto in Friuli-Venezia Giulia (+31,1 kg per abitante) e Veneto (+21,4). D’altro canto, diminuiscono maggiormente i rifiuti urbani delle regioni Sicilia (-8,1 kg per abitante), Sardegna (-6,8) e Liguria (-6,1).
Per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non recuperabili, nonostante i principi di autosufficienza e di prossimità, previsti dall’art. 182-bis del D.lgs. 152/2006, bisogna tener presente che i dati sulla gestione regionale dei rifiuti sono influenzati da flussi extra-regionali, poiché rifiuti prodotti in una regione possono essere smaltiti anche in altre regioni. Nel 2023, le quote di smaltimento in discarica più elevate, rispetto ai rifiuti prodotti, si hanno in Molise (66,4 per cento), che però importa da altre regioni il 34,0 per cento dei rifiuti smaltiti in discarica, nelle Marche (43,1 per cento) e in Toscana (38,3 per cento), che importano da altre regioni, rispettivamente, il 17,6 per cento e il 20,4 per cento dei rifiuti smaltiti in discarica. Le quote sono minime, invece, nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (1,3 per cento), in Lombardia (2,4 per cento) - che esporta fuori regione l’87,4 per cento dei propri rifiuti urbani destinati alla discarica - e in Emilia-Romagna (6,3 per cento), che importa da altre regioni il 26,7 per cento dei rifiuti urbani smaltiti. Campania e Provincia autonoma di Trento esportano in altre regioni tutti i rifiuti urbani destinati allo smaltimento in discarica.
Nel 2023, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta in tutte le regioni italiane. Sono dodici (come nel 2022) le regioni che raggiungono il target del 65 per cento previsto dall’UE per il 2012: Provincia autonoma di Trento (81,2 per cento), Veneto (77,6 per cento), Emilia-Romagna (71,1 per cento), Sardegna (76,3 per cento), Lombardia (73,9 per cento), Friuli-Venezia Giulia (72,5 per cento, +4,9 punti percentuali, rispetto al 2022), Marche (72,1 per cento), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (69,4 per cento), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (69,3 per cento), Umbria (68,8 per cento), Piemonte (67,9 per cento) e Toscana (66,6 per cento). In queste regioni, risiede complessivamente il 56,8 per cento della popolazione nazionale. Va segnalato che l’aumento più rilevante della percentuale di raccolta differenziata si ha nel Nord-est (+2,4 punti percentuali, rispetto al 2022) e nel Mezzogiorno (+1,4), che continua a ridurre il divario rispetto al Nord. In particolare, le regioni meno virtuose sono: Calabria (54,8 per cento), Sicilia (55,2 per cento) - che registra un incremento di 3,7 punti percentuali, rispetto al 2022 -, e Lazio (55,4 per cento).
Mediamente nel 2019 (ultimo anno per il quale sono disponibili dati regionali), le emissioni pro capite di gas serra generate sul territorio Italiano, secondo l’inventario nazionale delle emissioni (UNFFCC) sono uguali a 7,0 tonnellate di CO2. Sardegna e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste sono le regioni con il più alto valore di emissioni pro capite di gas serra, rispettivamente, 12,1 e 10,6 tonnellate di CO2 per abitante, mentre la Campania mostra il valore più basso (3,3 tonnellate). Tra le ripartizioni, sono quelle del Nord ad avere le emissioni più consistenti (8,1 nel Nord-est; 7,5 tonnellate di CO2 equivalente per abitante nel Nord-ovest); i valori scendono a 6,7 tonnellate, nel Mezzogiorno, e a 5,7 tonnellate, nel Centro, dove il livello più alto si registra in Umbria (7,8 tonnellate). Le regioni del Mezzogiorno con emissioni pro capite più ridotte sono Campania (3,3 tonnellate) e Abruzzo (6,0 tonnellate). Rispetto all’anno 1990, quasi tutte le regioni mostrano una tendenza alla riduzione delle emissioni pro capite di gas serra, tranne Basilicata e Molise, che le vedono crescere di quasi il doppio (da 5,0 tonnellate di CO2 a 10,0). Le regioni che in questo arco di tempo presentano le riduzioni pro capite più consistenti sono Liguria (-65,4 per cento) e Lazio (-40,2 per cento).
Le famiglie residenti in Lombardia e Campania sono, anche nel 2024, quelle che in percentuale maggiore lamentano la presenza di inquinamento dell’aria nella zona in cui vivono (rispettivamente, il 57,2 per cento - in crescita di 2,5 punti percentuali, rispetto al 2023 - e il 48,1 per cento). Inoltre, il problema degli odori sgradevoli è dichiarato soprattutto dalle famiglie che vivono in Campania e in Puglia (rispettivamente, 29,0 e 27,5 per cento).
Nel 2022, rimane molto elevato il prelievo di acqua potabile, pari a 155 metri cubi per abitante (nel 2012 era di 159). Il Molise e la Basilicata, come dieci anni prima, sono le regioni in cui si preleva il volume maggiore di acqua per uso potabile pro capite, rispettivamente 790 e 537 metri cubi per abitante, seguite dalla Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (377) e dalla Provincia autonoma di Trento (267). All’opposto, si distinguono per il prelevato pro capite più basso le regioni della Puglia e dell’Emilia-Romagna, con 40 e 109 metri cubi per abitante. In termini di ripartizioni geografiche, nel Mezzogiorno si registrano i prelievi pro capite più alti (169 metri cubi per abitante), mentre nel Nord-est i prelievi pro capite più bassi (135 metri cubi). I volumi pro capite sono strettamente legati alla disponibilità della risorsa: gli scambi idrici interregionali sono presenti soprattutto nel Sud, dove i prelievi di Basilicata e Molise, al netto delle dispersioni in adduzione e di eventuali usi locali all’ingrosso per industria e agricoltura, confluiscono in parte nelle regioni confinanti per approvvigionare i territori in cui la disponibilità idrica locale è insufficiente.
Nel 2022, l’erogazione dell’acqua per uso potabile si presenta eterogenea sul territorio italiano: i valori oscillano dai 156 litri per abitante al giorno della Puglia, ai 419 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Fra le ripartizioni territoriali, nel Nord-ovest si registra il volume maggiore (251 litri per abitante al giorno), nelle Isole, invece, il minore (186 litri per abitante al giorno). Prosegue la lenta contrazione dei consumi di acqua che si osserva ormai da oltre vent’anni; infatti, rispetto al 2020, il volume erogato si riduce dell’1,6 per cento. In particolare, rispetto al 1999, la riduzione è pari al 13 per cento del volume e a 36 litri del pro capite giornaliero.
In nove regioni, le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al dato nazionale; le situazioni più critiche si registrano nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno, con percentuali superiori al 50 per cento in: Basilicata (65,5 per cento), Abruzzo (62,5 per cento), Molise (53,9 per cento), Sardegna (52,8 per cento) e Sicilia (51,6 per cento). Di contro, tutte le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore o in linea con il dato nazionale. Nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,8 per cento), in Emilia-Romagna (29,7 per cento) e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (29,8 per cento) si registrano le perdite minori.
Nel 2022, in 12 su 21 regioni e province autonome, si rileva una percentuale di residenti collegati alla rete fognaria pubblica superiore al dato nazionale (88,8 per cento). Nel Nord-ovest, si ha la maggiore copertura (94,6 per cento), con la Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste che registra il valore regionale più alto (97,9 per cento). Le Isole mostrano il valore più basso (81,1 per cento) influenzato dal dato della Sicilia che, con un servizio esteso al 76,5 per cento dei residenti, fa registrare il valore regionale minimo.
Tra le quindici regioni bagnate dal mare, anche nel 2023, quella che rispetta gli standard più rigorosi (qualità eccellente) è la Puglia (99,4 per cento), seguita a breve distanza dalla regione Friuli-Venezia Giulia (97,0 per cento), e Sardegna (96,8 per cento), mentre l’Abruzzo è quella con la quota più bassa (77,7 per cento). Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Basilicata, Molise e Puglia hanno raggiunto l’obiettivo della “Direttiva” di riferimento. Anche Emilia-Romagna, Veneto, Marche e Sardegna hanno acque di qualità almeno sufficiente, a meno di una quota minima di acque di qualità scarsa; mentre minime percentuali di acque con qualità scarsa o non classificata sono ancora presenti nelle altre regioni.
Acque di balneazione con qualità eccellente. Anno 2023 (valori percentuali)
Il territorio litoraneo costiero italiano è caratterizzato sia da un’elevata concentrazione della popolazione (in media, risultano 354 abitanti per kmq, rispetto ai 158 dei comuni non litoranei) sia dalla pressione turistica esercitata dalle attività sul territorio, con densità cinque volte superiore a quella delle aree non costiere (4.189 presenze per kmq, rispetto a 852), che incidono particolarmente sulla presenza di rifiuti marini. Anche se una serie temporale di otto anni (2015-2023) non è sufficientemente ampia per un’analisi statistica di lungo periodo, si può osservare tuttavia una lenta e progressiva diminuzione del totale dei rifiuti marini totali lungo le spiagge Italiane, passati dai 518 rifiuti/100 metri del 2015 ai 413 del 2019 e ai 250 del 2023. Se si considera l’evoluzione dei rifiuti marini spiaggiati nelle regioni Italiane, si osserva che, tra il 2015 e il 2023, quasi tutte le regioni litoranee mostrano una diminuzione dei rifiuti marini spiaggiati, anche associabile all’implementazione di misure volte alla riduzione di plastica in mare, così come richiesto dalla Direttiva2008/56/CE. Le riduzioni più consistenti sono presenti in Emilia-Romagna e Campania, passate, rispettivamente, dai 1.138 rifiuti ogni 100 metri, rilevati nel 2015, ai 291 del 2023, e dagli 893 ai 208. Al contrario, tra il 2015 e il 2023, in Friuli-Venezia Giulia e nel Lazio, si sono registrati gli aumenti più consistenti (rispettivamente, da 258 rifiuti/100 metri a 1.039 e da 574 a 747).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2023, rispetto all’anno precedente, la stima della produzione media dei rifiuti urbani a livello UE (27 paesi), pari a 511 kg, diminuisce di 4 kg per abitante. Rispetto al 2022, i rifiuti urbani pro capite diminuiscono in tredici dei paesi membri, soprattutto in Finlandia (-57 kg per abitante), Lituania (-19) e Spagna (-17). Su diciannove paesi membri, l’Italia si colloca all’undicesimo posto nella graduatoria crescente, con 496 kg per abitante.
Nel 2023, per quanto riguarda lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, i paesi più virtuosi sono: Belgio (1 kg per abitante), Estonia e Finlandia (2 kg per abitante), Svezia (4 kg per abitante), Germania e Paesi Bassi (7 kg per abitante). L’Italia, con 78 kg per abitante (-10 kg per abitante, rispetto al 2022), si conferma ben al di sotto della media europea (115 kg per abitante), considerando i diciannove paesi membri dei quali si conosce il dato.
Entro il 2020, come previsto dalla Direttiva 2008/98/CE, tutti i paesi membri avrebbero dovuto conseguire il target del 50 per cento per la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani. Nel 2023, sono otto su diciannove i paesi membri con tassi di riciclo dei rifiuti urbani superiori alla media UE (48,2 per cento): al primo posto, la Germania con il 68,2 per cento, mentre l'Italia raggiunge il 50,8 per cento, superando, per la prima volta, il target fissato per il 2020. Questo indicatore viene anche utilizzato per valutare i progressi raggiunti dai paesi membri, rispetto al Goal 11 degli SDGs (rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili). In Italia, il quantitativo di rifiuti urbani avviati al riciclaggio è costituito dalla frazione organica per il 41,2 per cento, seguono carta e cartone (24,9 per cento), vetro (13,9 per cento), legno (6,6 per cento), plastica (5,4 per cento).
La Direttiva UE 2018/851 ha posto nuovi obiettivi da conseguire, fissando nuovi target per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani: 55 per cento entro il 2025, 60 per cento entro il 2030, e 65 per cento entro il 2035.
Nel 2023, le emissioni di gas serra generate dalle economie europee (in Europa e nel resto del mondo) sono pari a 3,4 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, il 6,6 per cento in meno, rispetto all’anno precedente. Tra i paesi dell’UE che nel 2023 contribuiscono maggiormente alla riduzione complessiva delle emissioni di gas serra, registrano andamenti migliori dell’Italia (-5,3 per cento rispetto all’anno precedente), Germania (-9,3 per cento), Polonia (-6,3 per cento) oltre che Francia (-5,6 per cento) e Spagna (-5,5 per cento).
Nel 2022 (ultimo anno disponibile), le emissioni di sostanze acidificanti sono 14,0 milioni di tonnellate di SO2 equivalente (-4,8 per cento). Tra i paesi dell’UE maggiormente responsabili di questo tipo di emissioni, l’Italia e la Polonia registrano riduzioni maggiori (-7,4 per cento e -9,1 per cento) rispetto a Germania (-1,2 per cento), Francia (-3,1 per cento) e Spagna (-2,4 per cento).
Nel 2022, le emissioni responsabili del cosiddetto “smog fotochimico” si attestano a 19,0 milioni di tonnellate di potenziale di formazione di ozono troposferico (-4,2 per cento). Anche in questo caso, le riduzioni registrate da Germania (-0,9 per cento), Francia (-2.3 per cento) e Spagna (-1,3 per cento) sono minori rispetto a quella dell’Italia (-2,9 per cento).
Tra il 1990 e il 2022, nei paesi membri dell’UE, le emissioni di gas serra generate sul territorio (UNFFCC) sono diminuite del 30,7 per cento. In particolare, diciotto paesi su ventisette hanno maggiormente contribuito alla quota complessiva dell’UE e, tra questi, anche l’Italia, con una riduzione del 21,1 per cento. Le migliori performance si registrano nei paesi dell’Europa dell’Est (Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca) e Danimarca, con riduzioni superiori al 40 per cento, mentre le peggiori in Irlanda, Cipro e Spagna, dove si evidenzia un aumento.
Nell’ambito del Green Deal, l’Europa, nel dicembre del 2020, ha aggiornato l’obiettivo di riduzione delle emissioni nette al 2030 (al netto degli assorbimenti), fissandolo ad almeno il 55 per cento, rispetto ai livelli del 1990 (pacchetto legislativo ‘Fit for 55’) e a una quota del 42,5 per cento per le energie rinnovabili.
Nel 2022, l’Italia, con 9,14 miliardi di metri cubi, è al primo posto tra i paesi per il volume di acqua dolce complessivamente prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei (escludendo quindi i prelievi da acque marine), confermandosi in questa posizione ormai da più di un ventennio. In termini pro capite, l’Italia, con 155 metri cubi annui per abitante, si colloca in terza posizione, preceduta da Irlanda (196) e Grecia (162), e seguita a distanza da Bulgaria (118) e Croazia (117). La maggior parte dei paesi dell’Europa dell’Est si colloca alla base della graduatoria, sebbene il minimo si rilevi a Malta, con 24 metri cubi annui a persona.
Nel 2022 l’Italia, con 214 litri per abitante al giorno, si conferma tra i paesi con il maggior volume di acqua erogata per uso potabile e si colloca al quarto posto della graduatoria decrescente, dopo Irlanda (400 litri, ultimo dato disponibile riferito al 2011), Grecia (337 litri) e Cipro (308 litri), e poco sopra l’Austria (192 litri, ultimo dato disponibile riferito al 2010) e la Spagna (190 litri); in coda la Lettonia (52 litri). La nuova Direttiva europea 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano richiede a tutti gli Stati membri di adottare, entro il 2023, alcune misure volte a garantire la protezione della salute, migliorandone l’accesso universale. Tali misure dovrebbero rafforzare la fiducia dei cittadini europei nell’utilizzo dell’acqua dal rubinetto, disincentivando, di conseguenza, il consumo di acqua in bottiglia, con ulteriori importanti ricadute ambientali, quali la riduzione dei rifiuti di plastica e delle emissioni di gas serra.
Acqua erogata per uso potabile. Anno 2022 (litri per abitante al giorno)
Nel 2022, l’Italia ricopre il nono posto tra i paesi UE27 per la percentuale di popolazione servita dal servizio pubblico di fognatura (88,8 per cento); al primo posto, si posiziona il Lussemburgo, la cui popolazione intera risulta collegata al servizio pubblico di fognatura. Percentuali di copertura elevate (oltre il 96 per cento) si registrano anche per i Paesi Bassi, Malta, Spagna, Germania e Austria. Ultime nella graduatoria, con percentuali inferiori al 60 per cento, la Romania (59,2 per cento) e la Croazia (57,4 per cento).
L’Italia si colloca al nono posto (90,3 per cento dei siti) nella classifica degli stati membri che hanno valori percentuali superiori alla media UE delle acque di balneazione con qualità eccellente (85,4 per cento). L’Italia detiene il maggior numero di siti con balneabilità eccellente (4.996), il 25,4 per cento delle aree con tale status dell’intera UE (21.766 siti complessivi). L’Italia è seguita nella graduatoria da Francia (3.361), Germania (2.291), Spagna (2.275) e Grecia (1.731).