La sostenibilità della spesa per la protezione sociale è un tema molto dibattuto tra gli addetti ai lavori e i policy-makers, pertanto il costante monitoraggio di indicatori, quali ad esempio il tasso di pensionamento e l’indice di copertura previdenziale, fornisce un contributo importante. In questa edizione di “Noi Italia”, i dati riguardanti la protezione sociale sono riferiti all’anno 2022, successivo alla pandemia da Covid-19, dunque, gli indicatori calcolati in percentuale del Pil risentono del suo significativo aumento, rispetto all’anno precedente. Il finanziamento del sistema pensionistico italiano è influenzato dalle tendenze demografiche che segnalano una riduzione della natalità, da una parte, e un allungamento delle aspettative di vita, dall’altra, con il conseguente invecchiamento della popolazione. Infatti, sia a livello nazionale che europeo, il dibattito sulle misure necessarie per affrontare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità del sistema di protezione sociale è diventato preminente, soprattutto considerando gli equilibri intergenerazionali.
In breve
- Nel 2023, in Italia, la spesa per la protezione sociale è pari al 28,9 per cento del Pil nazionale. È destinata prevalentemente alla funzione “vecchiaia” (50,8 per cento) e alla funzione “malattia” (22,1 per cento).
- Nel 2022, in Italia, la spesa pro capite per la protezione sociale è di 10.074 euro annui, poco al di sopra della media UE (10.050 euro). Nel 2022, in Italia, la spesa per la protezione sociale rapportata al Pil (29,7 per cento) supera la media UE (28,0 per cento).
- Nel 2022, l'incidenza dei trattamenti pensionistici sul Pil è pari al 16,4 per cento, lievemente inferiore a quella dell’anno precedente (17,1 per cento).
- Nel 2022, l’incidenza delle prestazioni sociali sul Pil è rimasta invariata (20,2 per cento). Nel 2022, l’indice di beneficio relativo è pari al 43,4 per cento (45,1 per cento nel 2021).
- Nel 2022, il 37,3 per cento delle risorse gestite dai Comuni per i servizi sociali è destinato alle famiglie con figli, il 27,5 per cento ai disabili, il 14,8 per cento agli anziani, il 9,0 per cento al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, il 5,1 per cento agli immigrati e lo 0,3 per cento alle dipendenze da droghe e alcool. Nel Mezzogiorno, i livelli di spesa pro capite sono inferiori, rispetto alle regioni del Centro-nord, ad eccezione della Sardegna.
- Nell’anno educativo 2022/2023, il 64,4 per cento dei Comuni italiani ha offerto servizi socio-educativi per la prima infanzia. In Italia, i bambini al di sotto dei tre anni accolti nelle strutture socio-educative pubbliche o finanziate dal settore pubblico sono pari al 16,8 per cento. La percentuale minima si registra in Calabria (4,6 per cento).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2021, in risposta alle problematiche che solleva l’invecchiamento della popolazione, la Commissione Europea ha pubblicato il “Libro verde sull'invecchiamento demografico”, al fine di promuovere il dibattito politico intorno alle potenziali misure da adottare per la sostenibilità della spesa per la protezione sociale. Tale documento rappresenta uno strumento di riflessione importante sui principi fondamentali sui quali si fonda l’Unione europea (inclusione, sostenibilità ambientale, protezione e assistenza sociale) e prevede l’attuazione di un “Piano di azione” per fronteggiare i problemi sociali ed economici connessi all’invecchiamento della popolazione.
In Italia, la protezione sociale comprende la previdenza, l’assistenza e la sanità (per approfondimenti su quest’ultima, si rimanda al settore “Sanità e Salute”).
Nel 2023, la spesa per la protezione sociale è pari al 28,9 per cento del Pil. Dal 2019 al 2023, si osserva complessivamente un lieve decremento pari a -0,1 punti percentuali, mentre il decremento registrato nel 2023, rispetto all’anno precedente, è pari a -0,7 punti percentuali. La spesa per prestazioni sociali è destinata per il 50,8 per cento alla funzione vecchiaia, per il 22,1 per cento alla funzione malattia; per le restanti funzioni, si registrano le seguenti percentuali: 8,4 per cento (“Superstiti”), 7,8 per cento (“Disoccupazione e Altra esclusione sociale”), 5,6 per cento (“Famiglia”) e 5,5 per cento (“Invalidità”).
Nel 2022, il tasso di pensionamento (calcolato come rapporto tra il numero totale delle pensioni e la popolazione al 31 dicembre dell’anno di riferimento) è rimasto invariato ed è pari al 37,9 per cento.
Nel 2022, la spesa per prestazioni sociali in percentuale del Pil (20,2 per cento) è rimasta invariata, rispetto al 2021. Al contrario, le prestazioni sociali pro capite sono aumentate (da 6.231,4 euro nel 2021 a 6.669,9 euro nel 2022).
La spesa per prestazioni sociali è solo in parte finanziata dai contributi sociali, come emerge dall'indice di copertura previdenziale, in aumento nel 2022 (70,8 per cento), rispetto al 2021 (68,8 per cento).
Nel 2022, l’indice di beneficio relativo è pari al 43,4 per cento, diminuito, in relazione all’anno precedente (45,1 per cento).
Nel 2022, la spesa per pensioni erogate dagli enti di previdenza, esclusa la quota erogata a persone trasferitesi all’estero, in percentuale del Pil è uguale al 16,4 per cento e diminuisce rispetto all’anno precedente (17,1 per cento del Pil).
Spesa per pensioni degli Enti di previdenza (in percentuale del Pil)
I Comuni singoli o associati hanno il compito di garantire interventi e servizi sociali a favore dei cittadini, come previsto dalla legge quadro sull’assistenza (L. 328/2000).
Nel 2022, la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio sanitario nazionale, ammonta a 8,865 miliardi di euro, corrispondenti allo 0,46 per cento del Pil nazionale. Si conferma la tendenza alla crescita della spesa iniziata nel 2016, dopo la flessione degli anni precedenti.
Nel 2022, la spesa per il welfare territoriale in rapporto alla popolazione residente è pari a 150 euro, in aumento rispetto al 2021 (142 euro). Dopo la flessione registrata nel triennio 2011-2013, negli anni successivi, si registra una ripresa che ha portato gradualmente a recuperare e a superare i livelli di spesa precedenti la crisi economica e finanziaria del 2008.
Nel 2022, il 37,3 per cento delle risorse gestite dai Comuni per i servizi sociali è destinato alle famiglie con figli, il 27,5 per cento ai disabili, il 14,8 per cento agli anziani. La spesa per l’area di utenza “povertà, disagio adulti e senza dimora”, cresciuta negli anni 2020 e 2021 per gli interventi a supporto delle famiglie in difficoltà economica, ritorna ai livelli del periodo pre-pandemico (9,0 per cento). La spesa residua è rivolta per il 5,1 per cento agli immigrati, per lo 0,3 per cento alle dipendenze da sostanze o comportamenti nocivi e per il 6 per cento alle spese generali, di organizzazione e per i servizi rivolti alla “multiutenza”.
Nell'anno educativo 2022/2023, i Comuni italiani che hanno offerto almeno un servizio per la prima infanzia (nido, micronido e altri servizi socio-educativi) sono il 64,4 per cento del totale. Il 62,6 per cento dei Comuni ha offerto il servizio di nido (incluse le sezioni primavera); il 14,5 per cento ha garantito un’offerta di servizi integrativi per la prima infanzia.
Rispetto al precedente anno educativo, si registra un aumento del 7,5 per cento degli iscritti ai nidi comunali o privati convenzionati con i Comuni. Stabile il dato per i servizi integrativi per la prima infanzia, che accolgono il 5 per cento dell’utenza complessiva.
Al 31 dicembre 2022, complessivamente, il numero degli iscritti ai servizi educativi per la prima infanzia finanziati dai Comuni recupera quasi 15 mila unità, rispetto al 2021, contando circa 205 mila bambini.
Nell'anno educativo 2022/2023, la percentuale di bambini fra zero e due anni di età accolti nelle strutture pubbliche, o finanziate dal settore pubblico, è uguale al 16,8 per cento, in aumento rispetto all’anno educativo precedente (15,2 per cento nel 2021/2022).
REGIONI l'Italia e le sue regioni
In Italia, a fronte di un tasso di pensionamento con valori più o meno omogenei (circa 39 per cento, nel Centro-nord e circa 36 per cento, nel Mezzogiorno), gli indicatori relativi al sistema di protezione sociale mostrano entità molto eterogenee tra regioni e aree geografiche.
La spesa per pensioni rapportata al Pil è più contenuta nel Centro-nord (circa 15 per cento), mentre il Mezzogiorno è l'area che registra l'incidenza più elevata (20,8 per cento), superiore alla media nazionale (16,4 per cento).
Analogamente, nel Mezzogiorno, il valore delle prestazioni sociali in percentuale del Pil è pari al 28,4 per cento, superiore alla media nazionale (20,2 per cento), mentre nel Nord-est e Nord-ovest si osservano i valori più bassi (rispettivamente, 16,8 per cento e 17,2 per cento).
Inoltre, nel Mezzogiorno, l’indice di beneficio relativo registra il valore più alto (57,4 per cento), mentre nel Nord, il più basso (circa 38 per cento). Nel Centro, tale indice, pari al 42,3 per cento, è lievemente inferiore alla media nazionale (43,4 per cento).
Nel 2022, nel Mezzogiorno, l'indice di copertura previdenziale, pari al 44,6 per cento, aumenta rispetto all’anno precedente (42,3 per cento); mentre il Nord-ovest mostra un indice superiore alla media nazionale (88,1 per cento, a fronte di 70,8 per l’Italia). Tra le regioni, la Calabria presenta il valore più basso (34,9 per cento), mentre Lombardia e Trentino-Alto-Adige/Sudtirol superano il 100 per cento (rispettivamente, 106,3 e 107,8). Per il Centro, l’indice di copertura previdenziale è uguale al 76,5 per cento, in crescita rispetto al 2021 (74,0 per cento); in particolare, tra le regioni del Centro il Lazio (93,4 per cento) presenta il valore più elevato, in aumento rispetto all’anno precedente (89,7 per cento).
Nel 2022, nelle regioni del Mezzogiorno, i livelli di spesa pro capite per la rete territoriale dei servizi sociali sono significativamente inferiori rispetto alle regioni del Centro-nord, ad eccezione della Sardegna, dove i Comuni hanno speso 306 euro per abitante, valore al di sopra della media nazionale (150,0 euro per abitante). Nelle altre regioni del Mezzogiorno si passa da un minimo di 38 euro per abitante in Calabria, ad un massimo di 103 euro in Puglia. Nel Centro-nord, viceversa, dove si concentra il 78,0 per cento della spesa per i servizi sociali, si passa da un minimo di 117 euro pro capite in Umbria fino al massimo di 607 euro nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.
A livello regionale l’indicatore di diffusione dell’offerta pubblica di servizi socio-educativi per la prima infanzia presenta variazioni molto significative: nell'anno educativo 2022/2023, si passa dal 100 per cento dei Comuni che garantiscono la presenza dei servizi in Valle D'Aosta/Vallée d’Aoste e in Friuli-Venezia Giulia al 26,0 per cento in Basilicata.
Bambini di 0-2 anni che utilizzano servizi per l'infanzia (valori percentuali)
Le regioni del Nord-est godono mediamente di una maggiore offerta di servizi per l’infanzia pubblici o finanziati dal settore pubblico, con una media di ripartizione pari all’87,2 per cento dei Comuni attivi in questo settore; Centro (60,6 per cento) e Mezzogiorno (55 per cento) registrano valori inferiori al dato nazionale (64,4 per cento).
Nel corso degli ultimi anni, si registra un miglioramento della copertura e dell'utilizzo dei servizi per l’infanzia pubblici o finanziati dal settore pubblico nelle regioni meridionali e il conseguente attenuarsi delle divergenze: i Comuni del Mezzogiorno che offrono i servizi sono passati dal 35,4 per cento nell’anno educativo 2014/15 al 55 per cento in quello 2022/23. Tuttavia, la percentuale di utenti sui bambini residenti nella fascia d’età inferiore ai 3 anni mostra ancora divari molto ampi: nell’anno educativo 2022/2023, la percentuale di bambini che ha usufruito dei servizi per l'infanzia finanziati dai Comuni ha fatto registrare una ripresa generalizzata dopo la pandemia da Covid-19, ma resta inferiore al 6 per cento in Campania e in Calabria, mentre è superiore al 28 per cento in Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Valle d'Aosta/Vallée d’Aoste e nella Provincia autonoma di Trento. Il divario tra i territori è ben sintetizzato dal confronto tra i valori assunti dall'indicatore al Centro-nord (21,3 per cento) e nel Mezzogiorno (8,5 per cento).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
La spesa per la protezione sociale è influenzata da vari fattori, tra i quali il modello di welfare adottato, il livello di reddito e le caratteristiche strutturali della popolazione (la spesa è più elevata nei paesi con popolazione polarizzata nelle classi d’età giovani e/o anziane).
Nel 2022, la spesa pro capite per la protezione sociale, pari a 10.074 euro annui, colloca l’Italia all’undicesimo posto tra i 27 paesi europei, poco al di sopra della media UE (10.050 euro). Se rapportata al Pil, la posizione dell’Italia sale al sesto posto, con un valore pari al 29,8 per cento, quasi due punti percentuali al di sopra della media UE. Il contesto europeo mostra valori di spesa piuttosto eterogenei, rispetto al Pil: dal minimo rilevato per l’Irlanda (11,4 per cento), al massimo per il Belgio (36,8 per cento).
Spesa per la protezione sociale. Anno 2022 (in percentuale del Pil)