Gli indicatori analizzati consentono di tracciare un quadro generale della struttura produttiva italiana, oltre a mostrare le caratteristiche fondamentali dell’economia nazionale. In particolare, evidenziano la tendenza consolidata a configurare un sistema fortemente incentrato sul lavoro autonomo e su micro imprese , più orientate alle attività manifatturiere (nonostante una tardiva, ma veloce terziarizzazione) e più specializzate in alcuni comparti (“Made in Italy”).
In breve
- Nel 2022, in Italia, rimane stabile il numero complessivo di imprese, ma aumenta la capacità di sopravvivere nei mercati di riferimento.
- Nel 2022, la dimensione media delle imprese italiane, sostanzialmente stabile, rispetto al 2021, è di 3,9 addetti, a fronte di una media UE pari a 5,0.
- L’incidenza dei lavoratori indipendenti nelle imprese (26,4 per cento) è tra i valori più elevati rispetto alla media dell’UE (15,7 per cento); il fenomeno è più evidente nel Mezzogiorno (32,7 per cento).
- Nel 2022, le imprese italiane producono, in media, 146,2 euro di valore aggiunto per addetto, ogni 100 euro di costo del lavoro unitario e l’Italia è il diciottesimo paese della graduatoria europea, rispetto a questo indicatore.
- Nel 2022, si arresta il trend di crescita delle istituzioni non profit, che sono, in media, 61 ogni 10 mila abitanti. Il valore massimo si registra nella Provincia autonoma di Trento (116), il più basso in Campania (40).
ITALIA
uno sguardo d'insieme
Nel 2022, la struttura produttiva italiana mostra un continuo aumento del numero di imprese per mille abitanti che raggiunge un valore pari a 79. La crescita del numero di imprese in Italia è frutto di un insieme di politiche favorevoli, dinamiche globali, evoluzioni tecnologiche e cambiamenti sociali che stanno alimentando un ambiente sempre più dinamico e innovativo.
Il numero medio di addetti per impresa (misura di sintesi delle realtà produttive del sistema economico) resta sostanzialmente stabile ed è lievemente inferiore ai quattro addetti. Nel settore dei servizi, è la micro-impresa a dominare il panorama delle attività del sistema economico italiano; si registra, infatti, la maggior presenza di organizzazioni di dimensioni medio-piccole, con caratteristiche diverse; nel settore dell’industria, diminuisce la percentuale di grandi imprese con un numero elevato di addetti. Nelle imprese italiane, infine, persiste un’elevata quota di lavoratori indipendenti che supera il 26,4 per cento del totale dei lavoratori.
L’elevata presenza del lavoro indipendente in Italia è dovuto alla tipicità di fattori economici, culturali e sociali in grado di offrire ai lavoratori maggiore autonomia, flessibilità e, talvolta, un'alternativa alle difficoltà del mercato del lavoro tradizionale.
Per un’analisi approfondita dell’entità della popolazione di imprese e delle componenti che ne trasformano la struttura, da un periodo ad un altro, si identificano le componenti demografiche, ovvero nascite e cessazioni (di unità); la demografia d’impresa si occupa di analisi della sopravvivenza e sviluppo, in un’ottica temporale, della composizione della popolazione per alcune caratteristiche, quali la dimensione e la struttura settoriale. Anche in relazione al 2022, quinto anno consecutivo, cresce il tasso di sopravvivenza delle imprese a cinque anni dalla nascita (47,2), segno di una maggiore resistenza delle imprese italiane sul mercato. Al contrario, il valore del turnover lordo non varia, rispetto all’anno precedente (14,1 per cento), poiché rimangono stabili sia il tasso di natalità sia il tasso di mortalità nei due anni.
Numero medio di addetti per impresa
Nel 2022, le imprese italiane producono mediamente circa 146,2 euro di valore aggiunto per addetto, per ogni 100 euro di costo del lavoro unitario, mostrando un aumento di competitività di costo rispetto all'anno precedente (+3,2 per cento). In crescita per il secondo anno consecutivo, nel 2022 la competitività di costo registra un +10,1 per cento, rispetto al livello pre-pandemia. Il divario tra aree geografiche si riduce nel settore dei servizi, dove il Nord-ovest mostra il valore più elevato (139,4) e il Mezzogiorno quello più basso (130,3), nonché nel settore delle costruzioni, dove a registrare il valore più alto (135,9) è il Nord-est.
Nel 2022, le istituzioni non profit sono in media pari a 61 ogni 10 mila abitanti, valore stabile, rispetto all’anno precedente. Tuttavia, si evidenzia che, nell’ultimo ventennio, il rapporto è cresciuto in modo significativo e costante: nel 1999, si registravano 39 istituzioni ogni 10 mila abitanti.
REGIONI l'Italia e le sue regioni
Nel 2022, tutte le regioni italiane continuano ad essere interessate dalla crescita del numero di imprese per mille abitanti: si passa da 76,7 imprese per mille abitanti, nel 2021, a 79, nel 2022. È interessante sottolineare che la Campania, dopo anni di flessione, mostra un aumento delle attività produttive. Dal punto di vista della distribuzione regionale, permane la netta distinzione tra le regioni del Centro-nord, caratterizzate da un rapporto molto elevato di imprese (85,2 per mille abitanti) e con un numero di addetti per impresa (4,3) superiore alla media nazionale, e quelle del Mezzogiorno, con un numero inferiore di imprese (66,8 per mille abitanti) e di minori dimensioni (in media 2,9 addetti).
Calabria e Molise sono le regioni con le imprese di dimensione media più contenuta (rispettivamente, 2,5 e 2,7), in termini di addetti, rispetto alla media nazionale (3,9 addetti). Per contro, l'analisi territoriale mostra una quota significativa di lavoratori indipendenti nelle imprese localizzate nel Mezzogiorno (32,7 per cento degli addetti), maggiore della percentuale rilevata nel Nord-ovest (22,9 per cento), ma in costante diminuzione su tutto il territorio nazionale.
La maggiore diffusione di lavoratori indipendenti nel Mezzogiorno, rispetto al Nord, è un fenomeno complesso, legato principalmente alla minore disponibilità di opportunità di lavoro stabile, alla tradizione imprenditoriale familiare e locale, e a fattori strutturali che influenzano il mercato del lavoro e l'economia nelle due aree.
La struttura dell’economia italiana appare molto diversificata, a livello di ripartizione territoriale, a causa della tipicità del territorio dove prevale il turismo e, quindi, le imprese ad esso connesse. Nel Mezzogiorno, prevalgono le micro imprese sia di servizi sia dell’industria; nel Nord-ovest e nel Centro, le imprese di servizi più grandi; nel Nord-est, le micro e piccole imprese dell’industria. Pertanto, il sistema produttivo italiano si caratterizza per una notevole frammentazione nel segmento delle micro imprese operanti nei servizi e che occupano, nel complesso, circa il 30 per cento degli addetti. Le micro imprese sono più esposte alla mortalità perché, data la loro dimensione, hanno più difficoltà a ricevere finanziamenti o prestiti da fonti esterne, per far fronte a imprevisti di varia natura.
Per quanto concerne la demografia di impresa, nel 2022, nel Mezzogiorno la numerosità delle imprese è più instabile, caratterizzata da valori più alti di natalità e mortalità, che caratterizzano un tasso di turnover più elevato, rispetto alla media nazionale. Campania e Calabria sono le regioni che mostrano questi dati con i valori più elevati di mortalità (entrambe con valore pari a 8,0) e natalità (rispettivamente, 9,2 e 9,0).
In particolare, il tasso di sopravvivenza delle imprese, a cinque anni dalla nascita, continua a crescere a livello nazionale, per il quinto anno consecutivo; fanno eccezione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Provincia autonoma di Trento (rispettivamente, -5,8 per cento e -2,3 per cento), che mostrano tuttavia valori dell’indicatore più alti del dato medio nazionale.
Tassi di natalità e mortalità delle imprese. Anno 2022 (valori percentuali)
Nel 2022, le regioni del Nord-est mostrano, in media, i livelli di competitività di costo più elevati (149,4), mentre i livelli inferiori dell’indicatore si registrano nel Mezzogiorno (138,8). Nelle regioni del Nord-ovest, si rileva il più basso aumento del livello dell’indicatore (+1,7 per cento). Dall’analisi a livello settoriale, il valore più basso di competitività, in relazione a tutto il territorio nazionale, si rileva nelle “Costruzioni” (134,2) e, per questo settore, nel Centro Italia (129,3). Tra le ripartizioni, il livello più alto dell’indicatore si registra per il Centro, nel settore “Industria in senso stretto” (199,1), il cui divario più elevato è in rapporto al Nord-ovest (175,1). Il divario tra aree geografiche si riduce nel settore dei “Servizi”, dove il Nord-ovest ha il valore più alto (139,4) e il Mezzogiorno quello più basso (130,3), e nel settore delle “Costruzioni”, dove il Nord-est registra il valore più elevato (135,9).
Nel 2022, il numero più elevato di istituzioni non profit per 10 mila abitanti si registra al Nord: la Provincia autonoma di Trento, la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen si confermano ai primi tre posti della graduatoria, con valori per 10 mila abitanti, rispettivamente uguali a 116, 109 e 99. Tra le regioni del Mezzogiorno che presentano valori superiori alla media nazionale, emerge il dato di Sardegna (70), Molise (67), Basilicata (66) e Abruzzo (65). La regione con il valore più basso è la Campania (pari a 40 istituzioni non profit per 10 mila abitanti). La graduatoria regionale non è variata in modo significativo nel corso degli anni: le regioni del Nord-Italia registrano da sempre un rapporto sulla popolazione decisamente più elevato, rispetto a quelle del Mezzogiorno. È l’Umbria il territorio che ha visto un incremento significativo della posizione, salendo dall’undicesima alla sesta posizione, tra il 1991 e il 2022 (da 15 istituzioni a 82 ogni 10 mila abitanti).
EUROPA l'Italia nel contesto europeo
Nel 2022, nell’UE, operano 72,1 imprese dell'industria e dei servizi ogni mille abitanti, con una densità altamente variabile tra i 27 paesi membri. Nonostante l'economia italiana abbia risentito più fortemente della crisi economica del 2008, cresce costantemente la densità di attività produttive, rispetto alla media dei partner europei. Emerge, tuttavia, una maggior frammentazione del tessuto produttivo italiano, con una dimensione media d’impresa di gran lunga inferiore a quella europea (3,9 addetti per impresa in Italia, rispetto ai 5 della media europea). Le micro e piccole imprese italiane sono parte essenziale della nostra economia, la loro dimensione contenuta rappresenta sia una risorsa, in termini di specializzazione e qualità (“Made in Italy”), sia una sfida, in termini di capacità di competere su scala globale.
Tra i 27 paesi dell’UE, Germania, Austria e Lussemburgo hanno imprese mediamente più grandi e, nel contempo, quote più basse di lavoratori indipendenti, segnale di una prevalenza di forme organizzative di tipo societario. L'Italia presenta una quota relativamente più alta di lavoratori indipendenti nelle imprese (26,4 per cento), di gran lunga superiore alla media UE (15,7 per cento), posizionandosi al terzo posto nella graduatoria europea, dopo la Slovacchia e Cechia (rispettivamente 28,6 per cento, 27,1 per cento). In particolare, tra le maggiori economie dell’area, solo la Germania registra quote inferiori al 9 per cento. Sebbene l'industria abbia sempre giocato un ruolo fondamentale nella nostra economia, l'Italia è un paese che ha sviluppato una solida e variegata economia del terziario, in risposta alla sempre crescente domanda di servizi legati alla cultura e al turismo (peculiarità comune ad altre economie di paesi dell'area mediterranea), mentre la presenza dell'industria è più forte nell'Europa orientale.
Nel 2022, le imprese dell’UE producono mediamente circa 147,6 euro di valore aggiunto per addetto per ogni 100 euro di costo del lavoro unitario. L'indicatore fa posizionare l’Italia al diciottesimo posto della graduatoria. Sono molto competitive le imprese di: Irlanda, dove la produttività apparente è nettamente superiore al costo del lavoro unitario, Malta (193,2), Romania (188,2) e Cipro (176,2), dove riescono a sfruttare il vantaggio offerto dal minor costo del lavoro unitario. Una bassa competitività di costo si rileva per le imprese di Austria (136,9), Portogallo (134,2) e Francia (123,4), dove il divario tra produttività apparente e costo del lavoro unitario è meno ampio.
Competitività di costo delle imprese. Anno 2022 (valori percentuali)